Solo il 13% delle risorse utilizzate e grandi opere ancora sulla carta. Sanità e infrastrutture in stallo, mentre Roma valuta la riprogrammazione dei fondi oltre il 2026. Gli scenari all’orizzonte
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A meno di un anno dalla scadenza formale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con la deadline del 31 agosto 2026 sempre più vicina, l’Italia è chiamata ad allinearsi alla sfida “doppia” imposta dall’Europa e dalle stesse regole di bilancio nazionale: non solo garantire l’avanzamento della spesa e il compimento degli obiettivi, ma anche evitare una brusca frenata della macchina pubblica e del sistema produttivo. Per il Mezzogiorno, e in particolare per la Calabria, lo scenario è lo spartiacque tra una nuova stagione di investimenti strutturali e il rischio di una paralisi che avrebbe effetti decennali sul territorio.
Tre scenari all’orizzonte
Restituzione delle somme non utilizzate: ipotesi teorica, ma ancora sul tavolo, soprattutto se la capacità di spesa locale dovesse restare inchiodata a livelli minimi. Il rischio politico sarebbe altissimo e il danno reputazionale irreversibile, con effetti immediati sulla capacità di attrazione di nuovi fondi e investitori.
Proroga europea post-2026: via quasi impraticabile, subordinata all’unanimità dei 27 Stati membri. Negli ultimi negoziati Bruxelles ha confermato la chiusura della finestra straordinaria ed eventuali slittamenti restano ipotesi di scuola.
Riprogrammazione nazionale: la soluzione più concreta, caldeggiata dal Governo. La Cabina di Regia ha avviato il percorso per un nuovo veicolo finanziario (16-18 miliardi di euro), che consentirebbe di traghettare parte delle risorse residue fino al 2028, con priorità ai settori strategici e ai progetti avviati.
I dati della svolta: Italia e Calabria
Il PNRR, ridisegnato nella versione 2024-25 e aggiornato dopo l’ultima revisione UE, vale oggi 194,4 miliardi di euro (122,6 miliardi in prestiti, 71,8 miliardi in sovvenzioni). La spesa effettiva è però stagnante: al 31 marzo 2025, solo il 33,8% della quota nazionale è stata effettivamente liquidata e il tasso di avanzamento nel Mezzogiorno è del 39,8%.
La Calabria è tra i fanalini di coda
6,25 miliardi di euro assegnati su oltre 13.000 progetti; spesa effettiva ferma al 13% delle risorse, il dato più basso e aggravato da una quota record di interventi incompiuti. Grandi infrastrutture in ritardo e tagli al finanziamento AV Salerno-Reggio Calabria: solo il lotto Battipaglia-Romagnano è partito (avanzamento lavori <5% al 31 maggio 2025), mentre altri lotti sono stati definanziati e spostati su capitoli incerti e non monitorati.
Sanità e welfare: i pagamenti effettivi sono inferiori al 10%, con “Case di Comunità” ferme al 9,4% e “Ospedali di Comunità” inchiodati al 7,3%. Per i nuovi presidi tecnologici (“ospedale sicuro e sostenibile”), appena l'1,2% liquidato.
Opportunità e rischi: le variabili territoriali
La “seconda vita” del piano dipende dalla capacità di riprogrammare e di selezionare.
Occorre orientare i nuovi fondi verso comparti chiave: digitalizzazione, mobilità, energia, reti idriche, competitività industriale.
Senza un salto di qualità nella “governance locale” e nel rafforzamento amministrativo degli enti attuatori, la Calabria rischia di essere tagliata fuori dalla nuova strategia, vedendo transitare i progetti fuori regione. L’incognita più grave riguarda la sinergia tra PNRR e fondi di coesione UE: eventuali sovrapposizioni e definanziamenti potrebbero provocare flussi discontinui e ostacolare la continuità degli interventi.
La partita della riprogrammazione: laboratorio o cimitero di fondi?
La fase post-2026 non è solo una questione di spesa, ma di visione strategica.
La Calabria può candidarsi a laboratorio della riprogrammazione nazionale solo se saprà accelerare il processo attuativo, integrare filiere produttive e amministrative e monitorare con trasparenza l’avanzamento dei lavori.
Il rischio di immobilismo resta elevato: secondo le stime OpenPNRR e ANCE, a marzo 2025 quasi metà degli interventi sostenibili (mobilità e sanità) risultano in fase di rimodulazione o con avanzamento inferiore al 10%.
La partita si gioca ora, tra la necessità di spendere bene e in tempo, il rischio reale di restituzione o dispersione dei fondi, e la chance - non scontata - di trasformare rinvii e criticità in una nuova stagione di sviluppo. Senza un’accelerazione decisa, la fine del PNRR potrebbe rappresentare non un ponte verso la modernità, ma il ritorno all’immobilismo di sistema che la Calabria non può più permettersi.


