Assemblea generale del sindacato in vista della manifestazione di domani che a livello ragionale avrà il suo fulcro a Crotone: «Un atto concreto per difendere lavoro, dignità e futuro»
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Si è svolta l’assemblea generale della Fiom Cgil Calabria, allargata a quadri e delegati, per discutere della campagna referendaria sull’ipotesi di accordo del Ccnl metalmeccanico e per preparare lo sciopero generale del 12 dicembre, che vedrà Crotone al centro della mobilitazione regionale.
«Un incontro partecipato, segnato dalla consapevolezza – si legge in una nota – che le ragioni dello sciopero nazionale coincidono pienamente, forse in maniera ancora più drammatica, con le ragioni della Calabria. Le ragioni alla base della mobilitazione nazionale sono anche, e forse ancora di più, le ragioni della Calabria. Le politiche economiche e sociali degli ultimi anni hanno aggravato le condizioni di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati, che si sono visti sottrarre 25 miliardi attraverso il cosiddetto drenaggio fiscale: una mancata indicizzazione dell’Irpef che ha colpito unicamente i redditi dei lavoratori dipendenti. Una vera ingiustizia che va fermata. Mentre salari e pensioni perdono potere d’acquisto e l’età pensionabile continua a crescere, il Governo sceglie di tagliare sanità, scuola, welfare e investimenti strategici, mentre non mancano mai le risorse per il riarmo. A farne le spese sono soprattutto i territori più fragili del Paese, come il Mezzogiorno, e in particolare la Calabria».
«La Calabria – prosegue la Fiom Cgil – vive una crisi sociale ed economica che non si può ignorare: tra disoccupazione, precarietà, fuga dei giovani e crollo demografico, le promesse di un futuro migliore sembrano sempre più lontane. Ecco perché aderire allo sciopero generale non è un atto di protesta sterile, ma un gesto di giustizia».
«Secondo il “Rendiconto sociale regionale 2024” dell’Inps – si legge ancora nella nota –, la popolazione residente in Calabria al 31 dicembre 2024 è di circa 1.838.568 abitanti, con una perdita di 6.421 persone rispetto all’anno precedente. Il dato demografico conferma un forte invecchiamento: gli over 65 rappresentano il 24% della popolazione. Contemporaneamente, la percentuale di giovani sotto i 15 anni è solo il 12,7%. Molti decidono di lasciare la Calabria, in dieci anni sono andate via quasi 92mila giovani che si sono trasferiti in altre regioni italiane o emigrati all’estero. Questi numeri non descrivono soltanto una regione che si svuota: mostrano un’intera generazione privata di futuro anche e soprattutto di scelte politiche eque e trasparenti. Il tasso di occupazione in Calabria (fascia 15-64 anni) nel 2024 è appena del 44,8%».
«La disoccupazione complessiva – scrive il sindacato – rimane molto alta, e la quota di inattività aumenta: molte persone, soprattutto giovani, rinunciano proprio a cercare lavoro, tra i giovani 15-29 anni, il tasso di disoccupazione è ancora al 31,4%. peggio ancora: i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, in Calabria sono il 26,2% del totale: il valore più alto d’Italia. Con tali numeri, non sorprende che molti giovani calabresi scelgano di partire: la mancanza di prospettive di lavoro stabile, salari inadeguati e servizi carenti spingono una parte consistente della nuova generazione a cercare fortuna altrove».
«Questa “fuga” non è un dato astratto: significa famiglie divise, comunità impoverite, giovani costretti a rinunciare alle proprie radici. È un’emorragia sociale e culturale che indebolisce la nostra terra. In questo contesto, la Giunta regionale appare distratta, o peggio, complice e silente di fronte al percorso dell’autonomia differenziata, che procede senza un vero contrasto da parte del presidente Occhiuto. È una Giunta – è l’affondo della Fiom Cgil – a cui manca una visione di sviluppo fondata su politiche industriali, a partire dalle bonifiche dei numerosi siti inquinati, come quello di Crotone, e priva di una strategia energetica credibile. Il fallimento più grande, però, riguarda la tutela del diritto alla salute: l’accordo sottoscritto con l’Emilia-Romagna limita ulteriormente gli accessi dei calabresi al sistema sanitario emiliano, mentre i dati Agenas confermano che il sistema ospedaliero calabrese resta l’ultimo in Italia».
«Alla luce di questi dati, aderire allo sciopero generale e scendere in piazza non è un gesto simbolico, ma un atto concreto per difendere il lavoro, la dignità e il futuro di intere generazioni calabresi dove le rivendicazioni dall’aumento dei salari attraverso scelte del governo che dia risposte alle fasce più deboli, sacrosanta indicizzazione delle pensioni, contratti stabili, vera politica industriale e investimenti in sanità, istruzione, trasporti, servizi, non sono astratte: sono risposte necessarie a una crisi reale», rimarca il sindacato.
E conclude: «Perché la Calabria non si salva con promesse o bonus occasionali. Serve una politica strutturale, che ridia valore al lavoro, incentivi il diritto di restare, garantisca diritti e servizi. Serve uno stop al declino demografico, sociale ed economico e questo sciopero può essere un primo passo per chiedere al governo nazionale di modificare la legge di stabilità e al governo regionale di mettere in campo e non a parole scelte chiare per dare un futuro alla nostra regione».

