Il 90% delle pratiche civili arretrate smaltite, il 25% di quelle penali. Un lavoro certosino che ha permesso di velocizzare, e non di poco, i tempi della giustizia italiana. Oggi, la metà (o forse anche più) di questi lavoratori precari della giustizia rischia di perdere il proprio posto di lavoro, in Italia così come in Calabria e a Cosenza. L’assunzione a tempo determinato con i fondi PNRR scade a giugno 2026 e ancora non ci sono state rassicurazioni su nulla, se non sul fatto che almeno 6mila resteranno a casa. Nella sola provincia bruzia sono 150 coloro che stanno lavorando con questo tipo di contratto: la metà di loro sono a rischio. 

Proprio per questo stamattina, davanti alla Prefettura, la Funzione Pubblica CGIL è scesa in piazza insieme ai coinvolti per uno sciopero dei precari del mondo della giustizia di Cosenza. Un presidio replicato identicamente anche a Catanzaro e a Reggio Calabria, sempre davanti ai Palazzi del Governo. Proprio all’attenzione della Prefetta e con richiesta di trasmissione al Governo il segretario della Funzione Pubblica CGIL, Alessandro Iuliano, ha presentato un documento: «La richiesta al Governo – spiega Iuliano – è quella di prevedere risorse economiche nella prossima legge di bilancio per la stabilizzazione del personale a scadenza di contratto. Diversi lavoratori e diverse lavoratrici andranno in pensione nel 2026, perché non stabilizzare chi sta già svolgendo egregiamente questo lavoro?»

Precari della giustizia, altri 400 a rischio (oltre ai 6mila)

Non c’è solo la questione degli assunti PNRR, comunque. Già, perché alla manifestazione sotto la Prefettura erano presenti anche alcuni fra i 394 assunti grazie all’accordo Stato-Regioni con scadenza a marzo. «Il rischio, mandando a casa così tanta gente – prosegue Iuliano – è che la macchina della giustizia si ingolfi di nuovo. Quello che chiediamo è che il Governo si occupi della loro situazione, perché a rimetterci poi rischia di essere come sempre l’utente finale, ovvero il cittadino». 

Una situazione che, dunque sembra mettere nuovamente a rischio i tempi, già non snellissimi, della giustizia italiana: «Tanti di questi lavoratori e di queste lavoratrici hanno scelto di rimanere qui nonostante altre rischieste di lavoro a tempo indeterminato – dice ancora il segretario cosentino della FP CGIL – e hanno svolto un lavoro durissimo che ha aiutato non poco la giustizia itliana. Il rischio è davvero alto, perché nel caso in cui non dovessero venire stabilizzati tutti ci si potrebbe trovare soltanto punto e da capo». Al momento, infatti, i precari della giustizia hanno un rapporto di uno a magistrato, spesso anche due a uno. Nel caso in cui i contratti dovessero essere rinnovati per la metà (o anche meno), si potrebbero trovare addirittura con quattro magistrati da seguire ciascuno. Un rischio che non farebbe bene a nessuno.