La vertenza

Simet, la rabbia degli autisti licenziati: «Noi lasciati a casa per “mancanza di domanda” e invece la gente non trova posto sui bus»

A quasi un anno dal benservito dell'azienda e nel periodo più caldo per i viaggi, la portavoce dei dipendenti Elda Renna torna a chiedere alla Regione Calabria quelle risposte che non sono mai arrivate: «Corse insufficienti a far fronte alle richieste di prenotazione, la mobilità ha bisogno di una forte ristrutturazione»

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di Mariassunta Veneziano
26 luglio 2023
18:27

Non vogliono stare né fermi né zitti. Soprattutto adesso, nel periodo più caldo dell’anno. Caldo non solo per le temperature, ma anche per i viaggi e per una vertenza che non si è mai raffreddata. E anzi, se i picchi roventi che ci hanno fatto boccheggiare in questi giorni sembrano ormai alle spalle, la vicenda dei dipendenti licenziati dalla Simet, l’azienda di autotrasporti con sede a Corigliano-Rossano, diventa bollente in concomitanza con la stagione in cui la domanda dei viaggiatori si moltiplica. Chi parte per una vacanza, chi per andare a trovare amici e parenti disseminati lontano dalla Calabria, e tanti, tantissimi, studenti e lavoratori che tornano a trascorrere l’estate nei luoghi d’origine.

La domanda si moltiplica, dicevamo, eppure dall’altra parte – almeno nel caso di Simet – non pare esserci lo stesso fermento. Lasciati a casa ormai da quasi un anno, gli autisti licenziati lì rimangono. Ma non «fermi né zitti», rimarcano. A rimarcarlo, anzi, è la portavoce di un gruppo di loro, 40 dipendenti che il 13 settembre 2022 si sono visti arrivare a casa le lettere di risoluzione del rapporto di lavoro da parte dell’azienda. È Elda Renna, la «femmina fastidiosa» – come è stata definita solo per la sua dedizione alla causa e la sua militanza all’interno del sindacato Faisa-Cisal – a dare, ancora una volta, fastidio. Tornando a chiedere quell’attenzione che in tutti questi mesi, denuncia, è mancata.


E lo fa proprio nel periodo più caldo dell'anno, quando frotte di turisti e non, ricorda Renna, «scendono al Sud Italia per godersi le bellezze della nostra meravigliosa regione: il mare, le montagne, il clima, il buon cibo, la storia». Un periodo, sottolinea, «in cui si dovrebbero incrementare le corse degli autobus di lunga percorrenza, perché insufficienti a rispondere alle infinite richieste di prenotazioni». Ma, continua, «i viaggiatori hanno difficoltà a trovare posto sui pullman, sul treno, sugli aerei e mentre da quasi un anno gridiamo a gran voce alla Regione che la mobilità ha bisogno di una forte ristrutturazione, la Regione resta muta, cieca e sorda a queste richieste».

Una storia di silenzi

La storia della vertenza Simet è fatta soprattutto di silenzi. Un po’ di rumore è venuto solo dai due incontri che si sono tenuti alla Cittadella, dal tavolo in Prefettura a Cosenza e soprattutto dalle proteste in strada dei lavoratori e dalle diverse lettere aperte a rappresentanti politici e istituzionali. Quella politica e quelle istituzioni che Elda e i suoi (ex) colleghi sentono lontanissime.

«Gli autisti licenziati dalla Simet tuttora sono a casa e inoccupati – dice Renna, autoferrotranvieri che svolgono un servizio di primaria importanza per una terra in cui mancano tantissimi servizi di comunicazione. Quindi c'è qualcosa che non torna. La domanda è altissima, i passeggeri ci sono ma non trovano posti da poter prenotare, l'offerta è scarsa». Eppure, rivanga con amarezza, «la scusa per i licenziamenti è stata "non c'è domanda" e ci hanno licenziati. Qualcuno dall'alto delle istituzioni regionali può darci una risposta con sana onestà intellettuale?».

Dieci mesi di lotta

I problemi, per i dipendenti della Simet, sono cominciati a giugno 2018, con l’esternalizzazione di alcuni servizi. «Hanno dato la colpa al Covid, ma l’arrivo del Covid non ha fatto altro che dare una mano a una situazione che era già in itinere», ci aveva raccontato Elda Renna un po’ di tempo fa. Prima le dimissioni di 36 persone, che lei aveva preferito definire «autolicenziamenti». Poi l’arrivo della pandemia, che ha trovato lei e altri colleghi in cassa integrazione. Il 10 gennaio 2022 il preavviso di licenziamento collettivoE a settembre tutti fuori.

Fermi e zitti non lo sono stati fin dall’inizio. La voce l’hanno alzata più volte, ma inutilmente. E non solo in piazza. «Abbiamo chiesto ripetutamente di incontrare il presidente Occhiuto, ma non ci ha mai risposto. In compenso, siamo stati in Regione due volte: la prima avremmo dovuto essere ricevuti dall’allora assessore Orsomarso, che però non si presentò; la seconda siamo invece riusciti a parlare con l’assessore Staine, ma lo stesso non siamo riusciti ad avere risposte. L’impressione è stata che non si avesse molto il polso della situazione, io mi sono alzata e ho abbandonato il tavolo», ci aveva detto Renna.

Abbandonati da tutti

Solo alcuni rappresentanti istituzionali hanno dimostrato interesse alla vicenda e vicinanza ai suoi protagonisti. Il consigliere regionale Davide Tavernise, la deputata Vittoria Baldino, il sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi. Al loro fianco anche il gruppo delle Lampare di Cariati, che da maggio scorso ha due dei suoi tra i banchi del consiglio comunale della cittadina del Basso Ionio cosentino.

Non troppo soli, insomma. Ma la Regione? «Non può liquidarci dicendo che Simet è un’azienda privata – è quanto sostiene la portavoce dei lavoratori –. Noi siamo autoferrotranvieri come tutti gli altri, solo che siccome non facciamo le linee calabresi non veniamo considerati tali, anzi, diciamo pure che la considerazione nei nostri confronti è zero. Stiamo creando un movimento per chiedere una norma che ci parifichi».

Elda Renna è una «femmina fastidiosa». Lo è per rabbia. Quando negli anni Ottanta Simet la assunse le dissero che le donne, per l’azienda, erano un valore aggiunto. Oggi, invece, fa fatica anche a trovare lavoro altrove, in quanto «femmina» – perché il suo è un mestiere ancora in gran parte considerato da uomini – e perdipiù «fastidiosa». Battagliera, appassionata, iscritta a un sindacato.

Nonostante gli schiaffi in pieno viso e le delusioni, però, non si arrende. Continua a chiedere alla Regione di trovare una soluzione che restituisca dignità a lei e agli altri lavoratori finiti a spasso. Fermi e zitti, dice, non staranno mai. «Andremo avanti, non un passo indietro».

 

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