L’imprenditore vibonese che da 25 anni punta a realizzare un approdo turistico per 300 posti barca lancia l’allarme in vista del possibile rinnovo della concessione ventennale a Meridionale Petroli: «Sarebbe un colpo mortale alle ambizioni di questo territorio»
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- “Salve, ho 27 milioni di euro da spendere per lo sviluppo della mia città, creare posti di lavoro e attirare turisti. Posso?”
- “Prego, si accomodi. Siamo a sua disposizione”.
In un mondo ideale dovrebbe funzionare così. Nella realtà vibonese, invece, ci vogliono 25 anni per superare tutti gli scogli, le cause (vinte), le pastoie burocratiche, il birignao della politica per poi trovarsi ancora di fronte a un muro. È questa la rappresentazione plastica della situazione che coinvolge il Gruppo Cascasi, che punta a cambiare faccia a Vibo Marina realizzando un resort che ha il suo fulcro in un approdo turistico per 300 posti barca. Ma ci sono anche due alberghi, un lungomare riqualificato, un ristorante e un lido balneare (quelli del Riva) e un cantiere navale nel cuore della zona industriale di Porto Salvo. Totale: 27 milioni di euro per circa 300 posti di lavoro (100 diretti e 200 dall’indotto). Di questi soldi l’imprenditore Francesco Cascasi ha già speso 6 milioni di euro, pari al 23% dell’investimento complessivo, per realizzare il cantiere navale, riqualificare lo storico albergo Miramare (ormai finito, dovrebbe essere inaugurato a Pasqua) e cominciare i lavori per la costruzione di un altro hotel già dotato di tutti i permessi edilizi, il TLF, per un totale di circa 40 camere.
Ma sull’intero progetto pende la spada di Damocle della mancata localizzazione dei serbatoi di carburante della Meridionale Petroli, che da 60 anni dominano la skyline di Vibo Marina e pregiudicano le sue ambizioni di sviluppo turistico.
«Chi mai la mattina vorrebbe aprire le finestre della propria camera d’albergo e affacciarsi su quei depositi di carburante?», ha chiesto amaramente Cascasi, che ha chiamato a raccolta la stampa per lanciare un appello alla politica e all’intera comunità vibonese. «Non si sta facendo abbastanza per scongiurare questo pericolo – ha affermato -. Nonostante il Consiglio comunale di Vibo nei mesi scorsi abbia già approvato all’unanimità una delibera che prevede la delocalizzazione degli impianti petroliferi, il rischio che restino lì per altri 20 anni è concreto. E questo mette a repentaglio il nostro progetto».
La vicenda è arcinota: la politica cittadina, da destra a sinistra, condivide senza riserve la necessità di spostare nell’area industriale di Porto Salvo gli impianti della Meridionale Petroli, dove giunge il carburante che rifornisce gran parte della Calabria. Ma, per ora, le chiacchiere stanno a zero.
L’Autorità portuale, infatti, il 22 agosto scorso ha rinnovato l’avviso pubblico per la concessione demaniale di durata ventennale in scadenza entro il 2025 e l’azienda attualmente concessionaria ha aderito presentando una regolare domanda. Entro il 5 ottobre scorso dovevano essere depositate le osservazioni, le opposizioni e le altre eventuali manifestazioni d’interesse da parte dei soggetti pubblici e privati coinvolti. Infine, il 19 dicembre, cioè tra appena una settimana, si terrà la conferenza dei servizi che potrebbe decretare il rinnovo della concessione per altri 20 anni. Sarebbe un colpo ferale per il Gruppo Cascasi, che vedrebbe considerevolmente ridotta la capacità attrattiva del suo progetto. Da qui la necessità di alzare l’attenzione su una vicenda che più volte, nel corso degli ultimi 25 anni, è sfociata nel grottesco, frustrando l’iniziativa di uno dei maggiori imprenditori vibonesi.
«Sono molto preoccupato - ha ammesso Cascasi -. Purtroppo riscontro ogni giorno l’indifferenza della politica. Basti guardare in che condizioni è l’area industriale di Porto Salvo nella quale operiamo: senza luce di notte, senza acqua di giorno, senza strade idonee a trasportare quello che costruiamo». Emblematiche, in questo senso, sono le difficoltà che incontra il nuovo cantiere navale, primo tassello del progetto complessivo già andato al suo posto. I grandi yacht che qui vengono riparati e riverniciati hanno poi enormi difficoltà a raggiungere il porto. Tanto che, per il passaggio su un vecchio viadotto stradale del Corap, è stata la stessa Cascasi che ha dovuto pagare e far realizzare le prove di staticità dell’infrastruttura: «Il Corap ci ha risposto che non aveva i soldi per farlo - ha spiegato l’imprenditore - così abbiamo provveduto noi, altrimenti non avremmo potuto consegnare la barca al cliente».
Ma se i depositi costieri sono il segno della miopia di generazioni di politici che si sono succeduti alla guida di questo territorio, ci sono altri esempi più vicini e anche meglio inquadrabili da chi non ci vede da lontano. «Come il piano spiaggia, adottato nel 2014, e mai approvato – conclude Cascasi -. Undici anni di attesa che hanno scoraggiato investimenti e rallentato l’intero processo di riqualificazione dei 4 chilometri di costa che ricadono nel comune di Vibo. E che dire del quartiere Pennello, che continua a essere ignorato, nonostante sia un nodo urbanistico che condiziona il presente e il futuro dell’intero waterfront».
Insomma, i soldi sono sul tavolo, la pallina gira e presto si fermerà. Ma se non esce il numero giusto a perdere sarà tutto il territorio vibonese, non soltanto un imprenditore che, malgrado tutto, ci ha creduto.




