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La battaglia per l’ospedale di Cariati diventa un docufilm, il racconto nella puntata de LaCapitale

Parole che suonano come macigni quelle di Roger Waters, noto musicista e co fondatore dei Pink Floyd, alla proiezione a Roma del documentario “C'era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando” di Federico Greco e Mirko Melchiorre.

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di Antonella Inicorbaf
7 febbraio 2023
11:23

«Dobbiamo continuare a scrivere  canzoni, a fare cinema e a parlare di queste storie o la propaganda ci distruggerà». Parole durissime quelle di Roger Waters che si è mobilitato subito con un appello in favore degli occupanti dell'ospedale di Cariati. Una storia di rivalsa tutta calabrese quella che abbiamo raccontato ne LaCapitale Speciale. Michele, Ninì, Cataldo e Mimmo, stanchi dei tagli alla sanità pubblica e delle privatizzazioni degli ospedali decidono di occupare l'ospedale della propria città: Cariati.

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Ed è proprio in provincia di Cosenza che comincia la nostra storia: “C'era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando”. Titolo d'impatto. La sanità pubblica, fiore all'occhiello del nostro paese comincia un lento declino a causa delle privatizzazioni. Nel 2010, a causa dei piani di rientro, gli ospedali italiani cominciano a chiudere. Dodici ospedali, solo in Calabria, perfettamente funzionanti e con ottimi indicatori sanitari.


C'era una volta la sanità: «Ma anche l'istruzione, entrambe sono i due pilastri su cui si regge una società civile e stanno pian piano morendo» spiega Federico Greco, uno dei registi del film, ai nostri microfoni. Il riferimento alla cinematografia di Sergio Leone non è casuale: «il cinema di Sergio Leone è basato su questo assunto: o il cinema è epos o non lo è. C'era una volta in Italia ha avuto l'ambizione, sin dall'inizio, di trattare la storia come fosse un racconto epico» ci racconta Greco «utilizzando la struttura epica del cinema hollywoodiano che è esattamente la propaganda mediatica che noi odiamo e combattiamo e l'abbiamo usata contro di loro».

«In Italia oltre all'assenza totale del coraggio degli artisti di tutte le categorie, di schierarsi e di fare attraverso la propria arte politica, c'è anche una difficoltà economica» ci racconta Mirko Melchiorre, regista del film «abbiamo cercato di dare una risposta, andando in fondo alla problematica: da lo smantellamento della sanità pubblica a quelle che sono le trasformazioni economiche sociali e politiche che sono avvenute in tutto il mondo, mostrando come questo tsunami neo liberista progressivamente abbia svuotato gli stati nazionali di tutto il mondo, permettendo alle multinazionali di conquistare i principali asset pubblici» e continua «i diritti adesso vengono trasformati in servizi: c'è chi può pagare e chi no».

Cinema di inchiesta o cinema come forma d'arte? La cosa certa è che il cinema è sempre stato il passepartout universale per l'informazione e la disinformazione. Utilizzato per fare propaganda, arte, poesia. Cinema silenzioso e rumoroso, l'ambivalenza del grande schermo è da sempre stata oggetto di discussioni, diviene quasi un dovere parlare di tematiche importanti  che scuotono le coscienze. Come suggerisce Mirko Melchiorre ai nostri microfoni: «Il cinema deve interessarsi a queste tematiche perché questo è un vuoto, un silenzio che fa rumore».

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