Ritorno alla terra

Lasciano tutto per recuperare l’uliveto di famiglia, l’olio prodotto dalla loro azienda premiato da Gambero Rosso

Angelo faceva l'avvocato, Francesca lavorava in un'azienda di vini in Irpinia. Hanno mollato tutto per fare impresa a Carello, nell'alto Crotonese: «Farlo in Italia, in particolare al Sud, è faticoso, ma qui c'è una nuova generazione che ha voglia di fare e valorizzare la Sila»

di Franco Laratta
2 ottobre 2023
13:02

Recuperare l'uliveto secolare di famiglia. Due fratelli, Angelo e Francesca Oliverio, hanno così deciso di mollare tutto e tornare alla terra. Angelo, avvocato, ha lasciato la professione per dedicarsi esclusivamente all’attività agricola. Francesca ha smesso con la precedente occupazione in un’azienda di vini in Irpinia ed ora è imprenditrice agricola professionale. Entrambi hanno fatto un’importante e non facile scelta di vita.

Siamo nell’alto Crotonese, dove la cultivar che primeggia è la Pennulara, qui impiantata dai monaci basiliani intorno all’anno Mille. Per tanto tempo sottovalutata, se non dimenticata. Il racconto di Angelo e Francesca è importante:


«La Calabria è una terra di confine, crocevia sin dall'antichità dei popoli che da Oriente si dirigevano sulla nostra penisola. I monaci Basiliani di rito bizantino, stanziatisi nel territorio attorno a Caccuri, tra le grotte rupestri e il monastero dei Tre fanciulli, impiantarono alberi di ulivo di cultivar Pennulara. Questa varietà era, infatti, già nota per le sue proprietà nutraceutiche dovute a una carica polifenolica molto alta, che rendono ancora oggi l'evo da Pennulara un olio di grande qualità».

L’olio prodotto si chiama Jannìa, ottenuto attraverso un processo di estrazione a freddo.
«Jannìa è il nome trovato sulle vecchie carte di famiglia dove insiste il nostro uliveto. Abbiamo scelto di valorizzare la Pennulara prodotta dagli ulivi secolari, estraendone l'olio rigorosamente a freddo. Generalmente la raccolta avviene a mano nella prima metà di ottobre in cassette da 25 kg. Moliamo entro 4 ore dal raccolto estraendo l'olio a freddo tramite metodo continuo (durante tutto il processo di gramolatura non superiamo i 27 °C). Da qui lo stoccaggio in acciaio e il successivo imbottigliamento dopo un periodo di decantazione».

L’uliveto storico che Francesca e Angelo hanno recuperato si trova a metà strada tra il mar Ionio e il mar Tirreno, precisamente a Carello, dove un tempo c’era un borgo, oggi disabitato ma molto suggestivo. Siamo alle porte della Sila grande. Sono luoghi incantevoli che però soffrono il grave problema dello spopolamento e della mancanza di infrastrutture.

Fare impresa qui è suggestivo ma anche molto faticoso. E voi fratelli Oliverio questo lo sapete benissimo.
«Fare impresa è sempre faticoso, ancor di più in Italia e nel Sud, dove non ci sono strumenti concreti che agevolino nei costi di gestione. Qui, però, c'è una nuova generazione che ha voglia di fare e fare bene, che sta cercando di valorizzare ciò che naturalmente è la Sila: un luogo incontaminato, con l'aria più pulita d'Europa, con materie prime eccezionali. La passione e la capacità delle nuove generazioni, che spesso si formano fuori per poi ritornare, fanno eco alla sapienza di una tradizione che resta autentica».

L'olio Jannìa ha ricevuto le ambite ‘tre foglie’ dal Gambero Rosso. Un gran bel risultato. Un riconoscimento veramente speciale che premia la passione, l’entusiasmo di una squadra.
«La terra è il richiamo della famiglia, delle generazioni che si sono succedute e che hanno preservato gli alberi secolari. Oggi le nostre scelte sono mirate a valorizzare e a raccontare un territorio ricco di storia e di eccellenza, fiduciosi di consegnare il testimone alle generazioni che verranno».

È importante capire come si fa a raggiungere un tale livello di qualità. Perché vanno fatte scelte giuste, al momento giusto.
«Abbiamo osservato il territorio, ne abbiamo assaporato ogni sfumatura, ma abbiamo cercato di farlo con senso critico, talvolta anche andando controcorrente rispetto a quando ci veniva detto "si è sempre fatto così". Ne è un esempio la scelta di raccogliere le olive intorno alla prima decade di ottobre e non a dicembre inoltrato, come era (ed è purtroppo ancora) prassi in Calabria. Cerchiamo di migliorare continuando ad investire sulla formazione e sulle tecniche agronomiche, avvalendoci di figure professionali specializzate di supporto».

C’è un ritorno da alcuni anni ai valori della terra, alla storia della nostra agricoltura. Ma le difficoltà sono ancora tante. Indubbiamente ci sono azioni da intraprendere, scelte da fare, per migliorare il comparto olivicolo. Soprattutto in un’epoca di mutamenti climatici molto dannosi per l’intero settore agricolo.
«Stiamo vivendo un periodo di grandi cambiamenti climatici e sociali. L'Italia e il Sud in particolare hanno un potenziale enorme legato alla terra e alle colture di qualità. Speriamo perciò che il settore olivicolo desti sempre maggiore attenzione e supporto da parte del governo centrale e regionale. In generale, servirebbe un presa di coscienza collettiva per valorizzare davvero la piccola agricoltura di qualità supportandone il consumo, con campagne di sensibilizzazione e promozione che insegnino a ricercare la qualità e non la quantità poiché "poco e buono" è meglio di "tanto e poco sicuro"».

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