L’indagine

Con l’auto blu avrebbe portato anche il gatto dal veterinario, divieto di dimora per Gianfranco Micciché (Fi)

Peculato, truffa e false attestazioni i reati contestati. L'ex presidente dell'Assemblea regionale siciliana avrebbe inoltre utilizzato il veicolo per viaggi privati e visite mediche. Lui si difende: «Ho sempre agito con rigore, pronto a chiarire»

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di Redazione Cronaca
20 maggio 2024
17:34

L'ex presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Micciché, deputato regionale di Forza Italia, è indagato di pm di Palermo per peculato, truffa e false attestazioni. Al politico è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù.

Il parlamentare avrebbe usato per fini personali l'auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali.


A Miccichè, inoltre, i magistrati contestano di aver confermato le false missioni di servizio dichiarate da Maurizio Messina, dipendente Ars che gli faceva da autista. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro.

Con l'Audi dell'Assemblea regionale siciliana, sistematicamente parcheggiata a casa dell'autista, per 33 volte, tra marzo e novembre del 2023, Miccichè avrebbe fatto viaggi privati, sarebbe andato a fare visite mediche, avrebbe dato passaggi, nel tragitto Palermo - Cefalù e viceversa, a componenti della sua segreteria, a familiari e a persone assunte nello staff politico e in realtà impiegate nelle più disparate mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione.

Il veicolo sarebbe stato utilizzato, secondo l'accusa, anche per portare al politico la cocaina e per fargli recapitare il cibo acquistato al ristorante dell'amico Mario Ferro, lo chef poi indagato per spaccio di droga nell'ambito di una inchiesta che svelò che il deputato più volte si era rivolto a lui per acquistare sostanze stupefacenti. L'Audi faceva la spola tra Palermo e Cefalù anche per fare avere a Miccichè medicine e oggetti vari.

Il gatto dal veterinario con l'auto blu

Con l'auto blu assegnata dall'Assemblea regionale siciliana per servizio Gianfranco Miccichè, indagato per peculato, avrebbe fatto anche portare il gatto dal veterinario da Cefalù a Palermo. E in un altro caso l'Audi sarebbe stata impiegata per trasportare la benzina da dare alla moglie del parlamentare rimasta a secco. 

«Ho sempre agito con rigore, pronto a chiarire»

«Io e il mio staff abbiamo sempre lavorato ed agito con la massima trasparenza e rigore. Sono pronto a chiarire tutto davanti gli organi competenti». Lo dice il deputato regionale ed ex presidente dell'Assemblea siciliana, Gianfranco Miccichè.

«Mai portato il gatto dal veterinario con l'auto blu, questo è certo. Se ci sono stati altri episodi saranno chiariti. Ho la sensazione che questa vicenda sia la prosecuzione del massacro mediatico che ho subito qualche mese fa», afferma Miccichè. Quando parla di «massacro mediatico di qualche mese fa», Miccichè si riferisce all'indagine dei pm di Palermo di un anno fa - ma in quel caso non fu indagato - che condusse agli arresti domiciliari lo chef Mario Di Ferro, accusato di avere procurato cocaina all'ex presidente dell'Ars, che poi ammise di averne fatto consumo in passato. Miccichè era tornato alla ribalta politica dieci giorni fa dopo la notizia sul suo impegno a sostenere il candidato di Forza Italia alle Europee nelle Isole, Marco Falcone, col quale i rapporti sono tornati buoni dopo i dissidi del passato.

Il gip: «Gestione personalistica dell'auto»

Miccichè avrebbe avuto «una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell'autovettura»: lo scrive il gip che ha disposto il divieto di dimora a Cefalù. 

«Rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell'autovettura), - spiega il giudice - Miccichè disponeva che l'autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un "bidone di benzina" o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell'iPad».

«Così, nei 33 episodi considerati, non v'è chi non veda - prosegue - come sia stata sviata la funzione istituzionale dell'automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione, consentiva all'autista di ottenere una retribuzione supplementare per l'attività effettuata). Non c'è da stupirsi, allora, che l'autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall'arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l'uso e l'abuso dell'auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: 'presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare».

Lo staff intercettato temeva indagini

«Stai tranquilla che sul peculato, proprio, na puonnu (ce la possono, ndr) sucare altamente»: così Gianfranco Miccichè, finito sotto indagine per l'uso a fini privati dell'auto blu, tranquillizzava una delle sue collaboratrici preoccupata che, dopo la pubblicazione delle notizie sull'inchiesta sul pusher che riforniva il politico, l'attenzione degli inquirenti fosse concentrata sul suo impiego del veicolo. Gli investigatori avevano infatti ipotizzato che la cocaina fosse portata al deputato con l'auto di servizio.

«Ma non ci sono dubbi, ma dai! Ma dai, ma se solo ascoltassero tutte le volte in cui abbiamo fatto attenzione all'utilizzo della macchina, ma veramente spero che abbiano ascoltato le telefonate, te lo giuro, non facevo altro che dirglielo: 'mi raccomando, mi raccomando», diceva lei. E Miccichè rispondeva: «di più, infatti». Ma per il gip la conversazione è un tentativo «maldestro di far apparire come corretto l'utilizzo dell'autovettura di servizio che in realtà finisce per corroborare in via ulteriore la distrazione dell'autovettura, attuata in via prolungata».

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