«Non è l’Accordo di Parigi che sta fallendo, siamo noi che stiamo fallendo nella nostra risposta».

Il videomessaggio di Papa Leone XIV alla COP30 di Belém, nel cuore dell’Amazzonia, arriva in un momento decisivo per il clima globale. Il Papa parla senza diplomazia quando parla di fallimento. Il riferimento è alla crescente distanza tra gli impegni presi nel 2015 e le politiche realmente adottate, mentre la finestra per restare sotto 1,5 °C «si sta rapidamente chiudendo» e una persona su tre vive già in condizioni di forte vulnerabilità climatica.

Papa Leone lo chiede con forza, chiamando tutti alla responsabilità: tradurre in azione ciò che è stato firmato. L’Accordo di Parigi resta «lo strumento più forte» per difendere il pianeta, ma manca la volontà politica degli Stati, spesso prigionieri di calcoli interni e strategie di breve periodo. Da qui il richiamo alle Chiese del Sud del mondo, invitate a un ruolo profetico, capace di spingere governi e opinioni pubbliche verso scelte più coraggiose, rapide e solidali.

La linea di Leone sull’ambiente si colloca nella scia dell’impegno ambientale avviato da Papa Francesco, che con Laudato si’ e L'andate Deum aveva definito il cambiamento climatico una questione morale, sociale e geopolitica.

Leone XIV sceglie la linea della continuità, ma intensifica il tono d’urgenza: la crisi non è futura, è presente, e chi ne paga il prezzo sono soprattutto i popoli più poveri, le comunità costiere, le regioni agricole in sofferenza, le grandi periferie urbane.

L’Amazzonia, luogo simbolico della COP30, diventa così la metafora del rischio globale: un ecosistema essenziale per l’equilibrio climatico, minacciato da deforestazione, incendi e monoculture che avanzano. Belém rappresenta anche il punto di incontro fra i Paesi che chiedono giustizia climatica e quelli che devono assumersi le proprie responsabilità storiche.

Per l’Europa e per l’Italia, l’appello del Papa ha implicazioni dirette. Il Mediterraneo è un “hotspot” climatico: ondate di calore estreme, perdita di coste, crisi idriche e difficoltà agricole mostrano che la transizione ecologica non è solo una scelta ambientale, ma una condizione di sicurezza nazionale e stabilità economica. Le parole del Papa sollecitano politiche più coerenti, investimenti continui, un impegno che unisca industria, società civile e istituzioni.

Il messaggio finale è chiaro e radicale: il tempo della procrastinazione è finito. Il clima non è un dossier tecnico, ma la base del futuro umano. E su questo – avverte Leone XIV – la storia non farà sconti.