Il Conclave come un’elezione americana: abbiamo confrontato i porporati fra i più quotati per la successione di Bergoglio con alcuni dei protagonisti della politica d’Oltreoceano
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
Il Conclave si avvicina, e i cardinali papabili si preparano a succedere a Papa Francesco in un momento di profonde divisioni nella Chiesa cattolica. Paragonare i leader religiosi del Collegio Cardinalizio ai politici americani può sembrare audace, quasi irriverente, eppure le dinamiche di leadership, carisma e visione ideologica offrono spunti sorprendenti. Certo, le differenze sono evidenti: il Conclave è guidato dalla fede e dalla ricerca della volontà divina, mentre la politica Usa è un’arena di potere secolare, spesso dominata da pragmatismo e compromessi.
Tuttavia, entrambi i mondi condividono una sfida comune: un’eccessiva polarizzazione tra progressisti e conservatori, che rende urgente trovare un equilibrio tra anime opposte. Come in un’elezione americana, il Collegio Cardinalizio deve navigare tra fazioni – i bergogliani aperti al dialogo con la modernità e i tradizionalisti fedeli alla dottrina – per scegliere un Papa capace di unire una Chiesa globale. Ecco come i sette papabili si riflettono in figure della politica statunitense, in un confronto che illumina somiglianze e contrasti.
Pietro Parolin: il Joe Biden del Conclave
Pietro Parolin, 70 anni, Segretario di Stato vaticano, è il frontrunner del Conclave, con un presunto “pacchetto” di 40 voti iniziali, secondo fonti vaticane. Diplomatico di lungo corso, Parolin incarna la continuità e la stabilità, proprio come Joe Biden, presidente degli Stati Uniti fino allo scorso 20 gennaio. Entrambi sono figure istituzionali, esperti nel navigare acque turbolente senza sbilanciarsi troppo. Parolin ha gestito dossier complessi, come l’accordo Cina-Vaticano e le tensioni con l’Ucraina, con un approccio pragmatico che ricorda il Biden che ha mediato tra l’ala progressista e moderata dei democratici fino a pochi mesi fa. La sua forza è l’esperienza: come Biden, che ha capitalizzato decenni di politica per vincere nel 2020, Parolin è rispettato per la sua capacità di costruire ponti tra fazioni, dai cardinali sudamericani ai conservatori europei.
Entrambi però soffrono di critiche simili: mancanza di carisma e condizioni di salute incerte, elementi che potrebbero ostacolare una leadership dinamica. In un momento in cui la Chiesa affronta dibattiti su celibato, diritti LGBTQ+ e ruolo delle donne, Parolin rischia di essere percepito come un candidato “sicuro” ma debole, proprio come Biden è stato accusato di non spingere abbastanza per il cambiamento. La sua abilità diplomatica lo rende il favorito, ma il Conclave potrebbe desiderare una scintilla di audacia che Parolin, come Biden, fatica a incarnare.
Matteo Maria Zuppi: il Bernie Sanders della Curia
Matteo Maria Zuppi, 69 anni, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, è il volto del progressismo cattolico, profondamente legato alla visione di Papa Francesco. Soprannominato il “Bergoglio romano”, Zuppi si distingue per il suo impegno per i migranti, i poveri e la pace, come dimostrato dal suo ruolo di mediatore nel conflitto ucraino attraverso la Comunità di Sant’Egidio. Questo idealismo lo rende simile a Bernie Sanders, il senatore del Vermont che ha fatto della giustizia sociale la sua bandiera. Come Sanders, che ha ispirato milioni di giovani con il suo “Medicare for All” e la lotta alla disuguaglianza, Zuppi è popolare tra i laici e i cattolici più giovani, grazie al suo stile umile – gira in bicicletta per Bologna – e al suo linguaggio inclusivo.
Parliamo in questo caso di due figure che sognano un cambiamento radicale, ma devono confrontarsi con un establishment scettico: Sanders ha faticato contro l'ala moderata del Partito Democratico, mentre Zuppi potrebbe incontrare resistenze tra i cardinali più conservatori, che lo vedono troppo vicino alle aperture di Francesco su temi come il dialogo interreligioso e l’ecologia. Il suo punto forte è la capacità di mobilitare entusiasmo, ma il rischio è che, come Sanders, possa polarizzare il Collegio Cardinalizio, rendendo difficile raggiungere il consenso necessario per la tiara.
Luis Antonio Tagle: il Barack Obama asiatico
Luis Antonio Tagle, 67 anni, cardinale filippino e prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, è la “rockstar” del Conclave, noto per il suo carisma travolgente e la sua empatia. Ex arcivescovo di Manila, Tagle ha conquistato i fedeli con il suo stile pastorale, piangendo pubblicamente per le vittime dei tifoni e criticando il capitalismo sfrenato, pur mantenendo posizioni tradizionali su aborto e omosessualità. Questo mix di ispirazione e moderazione lo rende simile a Barack Obama, l’ex presidente che ha galvanizzato il mondo con il suo “Yes We Can”. Tagle somiglia a Obama per l’abilità nel connettersi con le folle, grazie a discorsi appassionati e a un sorriso magnetico, che lo hanno reso una figura globale.
La sua idea di Chiesa, missionaria, giovane e vicina alle periferie richiama l’approccio di Obama, che ha cercato di rappresentare le minoranze e promuovere un’America inclusiva. Come Obama ha dovuto affrontare critiche per il suo idealismo percepito come eccessivamente costruito, Tagle potrebbe essere percepito dai conservatori troppo progressista, nonostante il suo equilibrio dottrinale. I bookmaker lo piazzano al 25%, dietro Parolin, ma la sua popolarità globale e la possibilità di un Papa asiatico lo rendono un candidato di rottura. Il rischio? La sua energia potrebbe non bastare a superare le divisioni nel Collegio Cardinalizio, proprio come Obama ha faticato a unire un Congresso polarizzato.
Pierbattista Pizzaballa: la Susan Collins del Medio Oriente
Pierbattista Pizzaballa, 60 anni, patriarca di Gerusalemme, è una figura di spicco per il suo lavoro di pace in una delle regioni più tormentate del mondo. Francescano, esperto di dialogo interreligioso, Pizzaballa ha celebrato messe a Gaza e Gerusalemme, mantenendo rapporti con Israele e promuovendo il rispetto tra cristiani, ebrei e musulmani. La sua capacità di mediare in contesti polarizzati lo rende simile a Susan Collins, senatrice repubblicana del Maine, nota per il suo approccio moderato e bipartisan. Collins si è guadagnata rispetto per il suo voto determinante su questioni centrali, come la conferma dei giudici o le leggi infrastrutturali nel 2023; allo stesso modo, Pizzaballa incarna una figura di compromesso, capace di costruire ponti senza cedere agli estremismi.
Entrambi si muovono in contesti altamente divisivi – Collins nel Senato degli Stati Uniti, Pizzaballa in Terra Santa – e condividono un pragmatismo che privilegia il dialogo allo scontro. La giovane età di Pizzaballa e la sua estraneità ai meccanismi curiali potrebbero rappresentare un limite, così come l’indipendenza di Collins la rende un’outsider agli occhi della destra trumpiana. La sua forza risiede nella credibilità internazionale, ma il Conclave potrebbe orientarsi verso un candidato più inserito nelle dinamiche vaticane.
Jean-Marc Aveline: il Pete Buttigieg francese
Jean-Marc Aveline, 66 anni, arcivescovo di Marsiglia, è un teologo con un focus sul dialogo con l’Islam e sulle sfide migratorie, temi cruciali in una città multiculturale come Marsiglia. Il suo approccio intellettuale e progressista moderato lo rende simile a Pete Buttigieg, ex Segretario ai Trasporti USA, noto per la sua eloquenza e il suo stile innovativo. Allo stesso modo di Buttigieg, che ha conquistato l’attenzione nazionale con la sua fresca campagna presidenziale del 2020, Aveline rappresenta una nuova generazione di leader che vogliono rinnovare le istituzioni senza stravolgerle. Tutti e due combinano una visione moderna – Aveline con il suo impegno per l’inclusione, Buttigieg con il suo progressismo pragmatico – con un rispetto per le strutture tradizionali.
Aveline è in ascesa, grazie alla sua capacità di parlare a un’Europa secolarizzata, ma un presunto endorsement del presidente francese Macron potrebbe alienare alcuni cardinali, proprio come Buttigieg ha dovuto affrontare critiche per la sua vicinanza all’establishment democratico. La loro relativa inesperienza rispetto a figure più consolidate è un punto debole: Aveline potrebbe essere percepito come un leader promettente ma non ancora pronto per il massimo ruolo. Tuttavia, in un Conclave che cerca freschezza potrebbe sorprendere.
Péter Erdő: il J.D. Vance dei conservatori
Péter Erdő, 72 anni, arcivescovo di Budapest, è il candidato di punta dei tradizionalisti, con un profilo ratzingeriano e una solida conoscenza del diritto canonico. Strategico e riservato, Erdő ha costruito alleanze con cardinali sudamericani e africani, ma manca del carisma necessario per conquistare le folle. Erdő rappresenta come il vicepresidente J.D. Vance un conservatorismo intellettuale, con posizioni ferme su aborto, famiglia e valori cristiani, che risuonano con la base repubblicana. Sia l'americano che il porporato magiaro sono abili strateghi: Vance ha capitalizzato il populismo di Trump per emergere come leader del “nuovo GOP”, mentre Erdő si muove con precisione nei corridoi vaticani per unire i tradizionalisti nel nome di Giovanni Paolo II.
Purtroppo però, la loro rigidità ideologica rischia di alienare i moderati – Erdő con le sue posizioni pro-vita e contro le unioni civili, Vance con la sua retorica anti-establishment. Se Vance fatica a ispirare oltre la base trumpiana, Erdő potrebbe non riuscire a raccogliere il consenso necessario in un Conclave dominato dai bergogliani. Le sue quotazioni sono in calo, ma la sua capacità di costruire coalizioni lo tiene in gioco, proprio come Vance rimane una forza da non sottovalutare nel GOP.
Fridolin Ambongo Besungu: il Ted Cruz dell’Africa
Fridolin Ambongo Besungu, 65 anni, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), è una figura carismatica e influente, che rappresenta il crescente peso della Chiesa africana. Conservatore in materia dottrinale – ha guidato l’opposizione africana a Fiducia Supplicans nel 2023, rifiutando le benedizioni per coppie omosessuali – Ambongo è anche un attivista per la giustizia sociale, denunciando la corruzione del governo congolese e rischiando indagini giudiziarie.
Questo mix di tradizionalismo e combattività lo rende simile a Ted Cruz, senatore del Texas e voce di spicco della destra repubblicana. Cruz è noto per le sue posizioni su aborto e matrimonio tradizionale, Ambongo invece difende i valori cattolici con fermezza, ma sa mobilitare le masse: ha organizzato eventi con decine di migliaia di giovani in Congo, proprio come Cruz galvanizza i conservatori con discorsi appassionati. La loro forza è il legame con la base: Ambongo incarna un cattolicesimo africano orgoglioso, Cruz un’America tradizionale. In ogni caso, la loro assertività può dividerli dai moderati, e Ambongo potrebbe faticare a costruire un consenso ampio in un Conclave dominato da dinamiche riformiste.
Una sfida comune
Il Conclave del 2025, come la politica americana, è un’arena di visioni contrastanti, dove progressisti e conservatori si contendono il futuro, ma mentre la politica Usa spesso si arena nella polarizzazione, il Conclave ha la chance di trascendere le divisioni, cercando un Papa che unisca le anime della Chiesa. La fumata bianca rivelerà se prevarrà l’equilibrio o lo scontro, in un mondo che guarda con speranza al prossimo Vicario di Cristo.