Finito l’effetto della ketamina o di qualunque sostanza stesse usando per inumidirsi le idee, Elon Musk si è svegliato e ha capito che forse – ma solo forse – ha combinato un casino di dimensioni cosmiche. Il patron di Tesla e SpaceX, dopo aver definito la legge di bilancio repubblicana “un disgustoso abominio” e aver chiesto addirittura l’impeachment del tycoon, ha deciso di fare retromarcia. E lo ha fatto con la solita nonchalance di chi prima incendia la casa e poi si offre di passare con lo straccio bagnato.

Sono rammaricato. Ho esagerato, sono andato troppo oltre”, ha scritto Musk in un post social. Chapeau, direbbero i francesi. Peccato che la toppa sia peggio del buco e il suo “rammarico” arrivi dopo giorni di sparate in cui aveva trasformato Trump in un punching ball mediatico, un bersaglio da prendere a pugni di tweet.

Lo show di Mr. Tesla era iniziato quando il Congresso ha dato il via libera alla nuova legge di bilancio voluta da Trump: un piano di investimenti che promette di rilanciare l’economia americana, ma che Musk aveva liquidato come “un disgustoso abominio”. Fin qui, uno scontro ideologico. Poi però la cosa è degenerata.

Offeso dal silenzio di The Donald, che ha semplicemente detto di essere “deluso” dall’atteggiamento dell’imprenditore sudafricano, Musk ha perso la brocca. E in un delirio social ha rivelato la presunta presenza del nome di Trump nei file Epstein. Non contento, ha invocato nientemeno che l’impeachment, accusando il presidente di essere “un pericolo per la democrazia”.

Ora, dopo aver preso a calci la credibilità repubblicana (e la sua), Elon torna con la coda tra le gambe. “Sono andato troppo oltre”, dice. Ma a chi lo dice? Ai suoi follower storditi, agli analisti finanziari in preda all’ansia o ai parlamentari repubblicani che già meditano vendetta?

Nel frattempo, Trump – uno che di musi lunghi e pentimenti di comodo ne ha visti parecchi – si gode la scena. Non ha replicato in modo diretto, ma si dice che dietro le quinte abbia definito Musk “un altro pallone gonfiato in cerca di attenzione”. E forse ha ragione: perché il miliardario, capace di portare razzi su Marte e auto elettriche nelle strade di mezzo mondo, quando apre bocca sui social sembra più un teenager in cerca di like che un uomo d’affari con la testa sulle spalle.

La figuraccia resta. Perché chiedere scusa è sempre nobile, ma suona un po’ ridicolo se hai appena evocato i peggiori complotti mondiali e tirato in ballo dossier torbidi come quelli di Epstein. E ora Musk – che in teoria dovrebbe fare l’advisor neutrale di tutto e di tutti – si ritrova a spiegare come intende rattoppare i rapporti con un presidente che non ama essere sbeffeggiato.

Non è la prima volta che l’uomo più ricco del pianeta inciampa nella sua stessa lingua biforcuta. Solo qualche mese fa, aveva definito l’Ucraina “irrilevante” in un tweet che aveva scatenato la furia di Kiev. E poi aveva detto che il suo social X sarebbe stato la salvezza della libertà di espressione, salvo poi censurare chi non gli andava a genio.

Oggi la sfuriata con Trump è l’ennesima puntata di un reality show dove Musk è regista, attore e spettatore. Domani? Magari un altro post di scuse, forse un nuovo attacco. Perché a Elon non interessa davvero la coerenza, ma solo restare il protagonista della propria serie tv.
E mentre la Casa Bianca alza le spalle e i repubblicani si preparano a regolare i conti, l’unica certezza è che il re delle auto elettriche e dei razzi spaziali ha finalmente capito che anche i leoni possono scottarsi. Soprattutto se giocano con il fuoco della politica.