Il rapporto parla di contenuti nocivi, dipendenza e mancata tutela della salute mentale. Parigi immagina persino un nuovo reato di “negligenza digitale” a carico delle famiglie
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
La Francia alza il livello dello scontro con TikTok e lo fa con una relazione che scuote l’Europa. Una commissione parlamentare d’inchiesta, dopo mesi di audizioni, ha definito l’app «fuorilegge, multirecidiva, tossica e capace di generare dipendenza», chiedendo il divieto assoluto ai minori di 15 anni. È la prima volta che un organismo politico di questo livello arriva a una posizione così netta contro la piattaforma cinese, ormai radicata nella quotidianità di milioni di adolescenti.
Il documento, presentato a Parigi dalla relatrice Laure Miller, non è frutto di impressioni isolate. Alla base ci sono mesi di lavoro: 178 esperti ascoltati, fra psichiatri, sociologi, magistrati, rappresentanti delle piattaforme e associazioni di genitori. A tutto questo si è aggiunta una consultazione pubblica che ha raccolto oltre 30mila contributi, segno che il tema tocca corde profonde nella società francese.
Le conclusioni sono nette. TikTok, dicono i parlamentari, non avrebbe fatto abbastanza per limitare i rischi legati ai suoi contenuti. «All’interno dell’azienda si sostiene che la salute mentale dei giovani sia una priorità, ma nei fatti mancano misure concrete», ha denunciato Miller. Le accuse non si limitano alla sfera psicologica: la piattaforma è stata più volte richiamata dall’Ue per violazioni in materia di privacy e gestione dei dati, senza mai cambiare davvero rotta.
La relazione non si limita a denunciare, ma propone soluzioni. Oltre al divieto per gli under 15, si immagina un “coprifuoco digitale” tra le 22 e le 8 per i ragazzi tra i 15 e i 18 anni, per limitare maratone notturne e abusi. Non solo: si chiede una campagna nazionale di sensibilizzazione e l’introduzione di un nuovo reato, la “negligenza digitale”. In pratica, i genitori che non vigilano sull’uso dei social da parte dei figli potrebbero essere chiamati a rispondere delle conseguenze. Una proposta che ha già acceso il dibattito politico e culturale, spostando il baricentro della responsabilità dall’azienda alle famiglie.
I sostenitori del rapporto sottolineano che era ora di agire. I dati raccolti raccontano di un aumento dei casi di ansia, disturbi alimentari, bullismo e autolesionismo riconducibili all’uso compulsivo di TikTok. Medici e associazioni parlano di una “epidemia silenziosa” che colpisce gli adolescenti, travolti da un flusso incessante di video brevi, sfide estreme e contenuti spesso violenti o sessualizzati.
Ma non mancano le critiche. I difensori della piattaforma parlano di un attacco sproporzionato e ricordano che TikTok ha introdotto strumenti di parental control e limiti di tempo automatici. Temono che un divieto rigido possa essere facilmente aggirato dai ragazzi, spingendoli verso piattaforme meno controllate. E sollevano il rischio di una deriva liberticida, con lo Stato che entra fin dentro le stanze dei ragazzi.
Il dibattito, però, va oltre la Francia. Negli Stati Uniti il Congresso discute da mesi un bando parziale o la vendita forzata della filiale americana. L’India ha già cancellato TikTok dai suoi store digitali per motivi di sicurezza nazionale. In Europa vari governi studiano nuove regole: in Italia il tema è soprattutto educativo, con scuole e famiglie in prima linea contro la dipendenza da social.
Il rapporto francese diventa così un precedente. Non è detto che tutte le raccomandazioni si trasformino in legge, ma il segnale è chiaro: la pazienza nei confronti dei giganti del web sta finendo. Nel mirino non c’è solo TikTok, ma un modello di business che premia la viralità a ogni costo e che sembra incompatibile con la tutela dei minori.
La questione, infatti, è più ampia. Non si tratta solo del tempo passato online, ma della qualità di quell’esperienza. Un algoritmo che spinge sempre di più verso contenuti estremi, che alimenta dipendenza e che plasma l’immaginario collettivo degli adolescenti. I parlamentari francesi parlano di un rischio strutturale: «TikTok è progettato per creare dipendenza, senza reale attenzione alle conseguenze».
Il governo francese dovrà ora decidere se trasformare queste raccomandazioni in norme vincolanti. Ma intanto il fronte mondiale “no TikTok” si rafforza, con un messaggio che risuona ben oltre i confini nazionali: proteggere i giovani diventa una priorità politica. In gioco non c’è solo la libertà di un like, ma l’equilibrio fragile di una generazione che cresce connessa e vulnerabile.