Il tecnico del Manchester City omaggia i giudici uccisi dalla mafia visitando il santuario di Santa Rosalia
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Non è arrivato in punta di piedi, ma con un gesto che a Palermo non passa inosservato. Pep Guardiola, allenatore del Manchester City, ha dedicato la sua mattinata alla visita del santuario di Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano, indossando una maglietta bianca con i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e la scritta: «Le loro idee corrono sulle nostre gambe».
Un omaggio chiaro, diretto, senza fronzoli, che ha immediatamente catturato l’attenzione di chi lo ha visto salire fino al Monte Pellegrino. Le immagini, condivise dalla pagina ufficiale del santuario, hanno fatto rapidamente il giro dei social, accompagnate da centinaia di commenti di apprezzamento. Per molti, il suo gesto è stato la conferma che il calcio, quando vuole, può parlare un linguaggio universale che va oltre il risultato di una partita.
Guardiola, catalano di Santpedor, non è nuovo a prese di posizione simboliche e ad atti di impegno civile. Nella sua carriera ha spesso usato la sua visibilità per sostenere cause sociali, culturali e politiche, anche quando questo significava esporsi a critiche o polemiche. Il suo approccio non è quello di chi cerca consensi facili, ma di chi crede che la responsabilità di un personaggio pubblico non finisca con il fischio finale.
Questa volta il contesto è speciale. Guardiola si trova a Palermo per guidare i campioni d’Inghilterra in un’amichevole di lusso contro la squadra di Filippo Inzaghi. Un match estivo, sì, ma con in palio l’“Anglo-Palermitan Trophy” e l’occasione di portare nel capoluogo siciliano un pezzo di calcio mondiale. Il City, atteso in serata allo stadio Renzo Barbera, si è concesso qualche ora di relax prima della partita. Per Guardiola, la scelta è caduta su un luogo che unisce fede, storia e memoria collettiva: il santuario, incastonato nella roccia, meta di pellegrinaggi e simbolo di resistenza morale.
È il posto ideale per rendere omaggio a Falcone e Borsellino, due figure che hanno segnato la lotta alla mafia e che, con il loro sacrificio, hanno consegnato al Paese un’eredità morale che non può essere dimenticata. Indossare quella t-shirt non è stato un gesto casuale: significa affermare che quelle idee — giustizia, legalità, coraggio — non appartengono solo alla storia italiana, ma sono patrimonio universale.
Il calcio, sport popolare per eccellenza, ha un potere di penetrazione che pochi altri linguaggi possiedono. Vedere uno degli allenatori più vincenti e rispettati al mondo trasformare una semplice maglietta in un manifesto civile è un promemoria potente: la notorietà può essere usata anche per educare, per ricordare, per dire da che parte si sta.
In un’epoca in cui spesso le star dello sport preferiscono non esporsi, rifugiandosi nella neutralità per non alienarsi sponsor o tifosi, Guardiola sceglie la strada più difficile: quella di un messaggio chiaro, espresso senza proclami ma con la forza dei simboli. Un vezzo turistico? No. Un atto di stile? Nemmeno. È la dimostrazione che anche fuori dal campo si possono segnare gol importanti.