L’offerta di oltre 8 euro ad azione convince i tedeschi: la società teutonica promuove la proposta di Pier Silvio Berlusconi e spiana la strada alla fusione. La tv privata di Monaco cambia rotta e apre al progetto di Cologno Monzese
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
Alla fine, i tedeschi hanno ceduto. Dopo mesi di resistenze, diffidenze e qualche uscita infelice, i vertici di ProsiebenSat.1 hanno promosso ufficialmente l’ultima offerta arrivata da Mfe-Mediaset, la holding del gruppo Berlusconi. Una svolta storica, che potrebbe ridefinire il panorama televisivo europeo. Il 28 luglio, Pier Silvio Berlusconi ha messo sul piatto 4,40 euro in contanti e 1,3 azioni Mfe per ogni azione della tv tedesca: un pacchetto che porta il valore dell’offerta sopra gli 8 euro. Tanto è bastato per conquistare Monaco.
La partita sembrava in salita, e invece è bastato il linguaggio universale dell’economia a far cambiare idea al board teutonico. Pecunia non olet, e stavolta la pecunia profuma di oltre 8 euro ad azione, ben più della proposta avanzata dai rivali cechi di Ppf, che a giugno si erano fermati a 7 euro per il 30% del capitale. Un'offerta giudicata “adeguata” dalla holding della famiglia Kellner, che a questo punto sembra fuori dai giochi.
Ma il fattore economico non è l’unico ad aver convinto i vertici di Prosieben. C’è anche la prospettiva industriale di un maxi-polo televisivo capace di mettere insieme Italia, Germania e Spagna, con un portafoglio di contenuti, pubblicità e tecnologia sufficiente a tenere testa – o almeno a provarci – ai colossi dello streaming. Netflix e Prime Video sono avvisati: il nuovo soggetto potrebbe contare su economie di scala, una filiera di produzione consolidata e sinergie trasversali nel campo dell’advertising digitale e del broadcasting tradizionale.
L’ipotesi che sembrava un’utopia solo pochi mesi fa, ora si fa concreta. Mfe è già salita al 33% del capitale della tv bavarese. L’obiettivo dichiarato è raggiungere il 45%, ma fonti vicine al dossier lasciano intendere che non sia affatto da escludere un arrivo al 50%. Difficile, però, che si vada oltre: il gruppo di Cologno non ha alcun interesse ad accollarsi l’intero debito monstre della società tedesca, che a fine 2024 sfiorava i 2,4 miliardi lordi. Integrare Prosieben sarà un’operazione costosa, ma potenzialmente strategica. E Mediaset si è preparata da tempo: in cassaforte ha una linea di credito da oltre 3 miliardi, concordata con le banche proprio per far fronte a questo tipo di operazione.
La Borsa, intanto, si muove in ordine sparso. Ieri, il titolo Prosieben ha perso un lieve 0,38% a Francoforte, attestandosi a 7,89 euro. Ma si tratta di una flessione fisiologica, legata più al meccanismo delle Opa che a una reale perdita di fiducia. Gli investitori sanno che il vero nodo ora è politico. Perché se Monaco ha detto sì, Berlino potrebbe ancora dire no.
Il governo tedesco, infatti, non ha ancora benedetto l’operazione. E le parole del ministro dei media, Wolfram Weimer, non sono suonate come una fanfara di benvenuto. Intervistato da “La Stampa”, Weimer ha espresso preoccupazioni sulla governance futura di Prosieben, sul rischio di “influenze russe” e, soprattutto, sulla possibilità che l’indipendenza editoriale del broadcaster venga compromessa da una proprietà italiana troppo legata al cognome Berlusconi.
Preoccupazioni comprensibili, se si guarda alla sensibilità tedesca in materia di libertà d’informazione e pluralismo mediatico. Ma che rischiano di trasformarsi in un ostacolo diplomatico, più che industriale. Pier Silvio Berlusconi ha già fissato un incontro con Weimer per i primi giorni di settembre, nella speranza di rassicurare Berlino sulla tenuta editoriale del gruppo. I toni saranno morbidi, ma la posta in gioco altissima.
Intanto, a Cologno Monzese si incrociano le dita. Il 13 agosto scadranno le offerte pubbliche di acquisto di Mfe e Ppf. Solo allora si capirà se l’operazione è davvero andata in porto. Ma un dato è certo: se Prosieben ha deciso di cambiare cavallo in corsa, è perché ha capito che in questa partita il Biscione ha carte migliori. Ora non resta che scoprire se anche la Germania politica è pronta a giocare la stessa mano.