Il reporter palestinese è testimone diretto dell’uccisione della sua famiglia e del popolo della Striscia: «Alla gente non interessano gli aspetti politici, l’importante è che finisca questo massacro»
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(*Intervista a cura di Chiara Rivière, giornalista di Incandenza)
Wael Al-Dahdouh è «nato in mezzo ai problemi della gente di Gaza» e ha subito capito quale sarebbe stata la sua missione: mettersi al servizio delle persone. Non ha potuto farlo indossando un camice, suo sogno di bambino, ma con un casco e un giubbotto antiproiettile con scritto Press. «Quando ero giovane sognavo di diventare un medico, purtroppo però con l’occupazione israeliana non ne ho avuto la possibilità. Così ho scelto di diventare giornalista».
Wael Al-Dahdouh è capo della redazione nella Città di Gaza per l’all-news qatariota Al-Jazeera, per cui lavora dal 2004. La sua carriera giornalistica inizia però nel 1998, due anni prima dello scoppio della Seconda intifada contro l’occupazione israeliana, evento che il reporter ha seguito e documentato come corrispondente per l’emittente radiofonica Voice of Palestine.
Al-Dahdouh, l’appello all’Unione europea
Nelle parole del giornalista palestinese c’è il dolore del popolo di Gaza ma c’è anche l’appello a un’Unione europea che «può e deve fare di più». L’invito di Al-Dahdouh ai popoli dell’Ue è quello di «prendere posizione» di fronte a un’evidente violazione dei diritti umani, «diritti che l’Unione dice di avere come principi strutturali».
Il reporter non manca poi di dare voce ai pensieri dei palestinesi della Striscia, nei quali non c’è posto per le questioni politiche. Hamas, Fatah, l’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), «sono percepiti solo come dei dettagli in confronto al genocidio che sta avvenendo», spiega Al-Dahdouh; e poi prosegue: «Quello cui pensano i palestinesi non sono questi aspetti [politici, ndr], l’importante per loro è che finisca questo massacro».
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