Non solo Denisa e Ana Maria: le ruspe trovano nuovi reperti umani. Una scena dell’orrore che riapre l’incubo di un serial killer in libertà troppo a lungo. E adesso c’è anche l’ipotesi di un complice
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Non solo Denisa e Ana Maria: nel giardino del duplice assassino, le ruspe trovano nuovi reperti umani. Una scena dell’orrore che riapre l’incubo di un serial killer in libertà troppo a lungo. E adesso spunta anche l’ipotesi di un complice.
Una vertebra, uno slip, ciocche di capelli. È tutto quello che basta — e tutto quello che serve — per riaprire un incubo. Il giardino della casa di Vasile Frumuzache, a Montecatini Terme, si sta rivelando un archivio sepolto dell’orrore. Le ruspe della scientifica ci hanno messo poco a scoperchiare la nuova verità: i resti trovati nel terreno non appartengono né a Denisa Maria Adas né ad Ana Maria Andrei, le due escort uccise che l’uomo ha confessato di aver fatto a pezzi. Questo significa solo una cosa: c’è almeno una terza vittima. E forse, non è finita qui.
È il killer delle escort, sì. Ma sempre più probabilmente è un serial killer. La procura di Prato lo sospetta da settimane. E adesso che il terreno accanto alla casa ha iniziato a restituire reperti, le ipotesi si fanno più pesanti, più viscide, più concrete. La scena non è lontana dalla villetta di Monsummano dove Frumuzache viveva con la moglie e i figli piccoli. Una normalità apparente, mentre — secondo l'accusa — si consumava un rituale di morte.
Il 32enne romeno era stato arrestato a metà maggio per l’omicidio di Denisa, la trentenne uccisa e decapitata in una stanza del residence Manassei, a Prato. Lì, però, nessuna traccia del sangue che dovrebbe esserci dopo un delitto del genere. Nessuna macchia. Nessun segno di lotta. Solo il racconto dell’uomo, sempre più traballante. Poi la confessione del secondo omicidio, quello di Ana Maria, scomparsa l’anno scorso e ritrovata a pezzi in un bosco delle Panteraie.
Due donne, due escort, due storie tragicamente simili. Ma anche troppi elementi che non tornano: perché Frumuzache conservava l’auto di Ana Maria nel suo box, perfettamente pulita? Perché aveva tenuto la sua sim, riattivata proprio nella sera in cui Denisa venne uccisa? E perché, dopo aver confessato due omicidi, continua a non spiegare dove e come si sarebbero svolti davvero i delitti?
Ora l’attenzione si sposta sul giardino. I resti trovati sono stati subito inviati al RIS per le analisi. I carabinieri parlano di “reperti umani compatibili con un terzo soggetto”, ma senza identità. La procura, nel frattempo, ha allargato il decreto di ispezione e sequestro anche ad altri terreni. Tutto il perimetro della casa è sotto controllo. Lo stesso procuratore capo, Luca Tescaroli, ha partecipato ai sopralluoghi. L’ipotesi investigativa è netta: Vasile Frumuzache non ha detto tutto. E forse non ha agito da solo.
Un complice? Forse. Anche perché la logistica dei delitti — spostamenti, occultamenti, cancellazione di tracce — fa pensare a una mano in più. Le modalità parlano di una mente disturbata, ma lucida. E non si può più fingere che il caso sia chiuso. La figura di Frumuzache inquieta: padre di famiglia, lavoratore, senza precedenti. Ma dietro quella facciata, un orrore silenzioso.
Dopo l’arresto è stato trasferito dal carcere di Prato a quello di Sollicciano. In isolamento, per evitare ritorsioni: a Prato è stato già aggredito dal cugino di Ana Maria Andrei, recluso nello stesso istituto. Ma a questo punto, più che l’incolumità di Frumuzache, preoccupa il numero delle tombe che potrebbero ancora essere nascoste. Perché sotto quel giardino, il passato non ha ancora finito di parlare. E potrebbe gridare molto più forte.