Il governatore del Veneto smonta ogni tentativo di ridurre il dibattito all’identità etnica: «È italiana, è veneta, punto». Poi chiarisce la linea interna alla Lega: «Non servono slogan, ma coerenza e rispetto delle nostre regole»
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Luca Zaia (Foto Ansa)
Un concorso di bellezza trasformato in terreno di scontro politico. È bastata l’elezione a Miss Trieste di Vittoria Maculan, 16 anni, madre veronese e padre senegalese, per scatenare attacchi sui social e polemiche che nulla hanno a che fare con il talento o la grazia di una ragazza. La sua “colpa”, per i detrattori, è il colore della pelle. Una vicenda che avrebbe potuto scivolare via tra i tanti episodi di intolleranza digitale e che invece è diventata un caso nazionale. A dire basta ci ha pensato Luca Zaia, governatore del Veneto, uno che non ama giri di parole. «Forse qualcuno pensa a una Miss Genoma. Ma è fuori dal mondo», ha scandito con la sua consueta chiarezza. Poi ha ribadito: «Non scherziamo, Vittoria è veneta, ha una sola cittadinanza, quella italiana».
Per il presidente del Veneto, non è una questione di forma, ma di sostanza politica. «Parlo da uomo di centrodestra. Dobbiamo essere aperti, non si fanno battaglie politiche su questo tema. Lo dico anche da veneto: non siamo così e se qualcuno vuole essere così è fuori dalla civiltà». Una presa di posizione che vale più di un editoriale. Perché Zaia non solo difende la ragazza dagli attacchi, ma segna un confine dentro la Lega e nel centrodestra: «La Repubblica veneta era un coacervo di razze. Ricordo che il cardinale Angelo Scola parlava sempre di meticciato sociale. La nostra società è multietnica e multiculturale. Ciò non toglie che la nostra identità sia sacrosanta e vada difesa. Ma questo è altra cosa dal dibattito sul colore della pelle».
Zaia non si ferma alla cronaca. Allarga lo sguardo a una società in trasformazione: «Fa più rumore una pianta che cade di una foresta che cresce. Ormai l’11 per cento della popolazione è composta da immigrati, a volte anche di seconda o terza generazione. Noi siamo contro chi delinque, ma accogliamo a braccia aperte chi si integra, lavora e rispetta le regole e la nostra identità». Parole che suonano come un manifesto politico e che trovano eco nelle polemiche di questi mesi intorno al generale Roberto Vannacci, nuovo volto della Lega, autore di uscite che hanno spesso fatto discutere. Zaia lo dice senza giri: «Paola Egonu è una ragazza italiana, peraltro veneta. È una grande campionessa e noi dobbiamo solo sperare che continui a giocare come sa, rimanendo in Italia».
E ancora: «Ho risposto a chi mi chiedeva se Vannacci poteva essere un valore aggiunto. Ho detto che lo può essere se fa il leghista. Se persegue altri valori o altre battaglie non è in linea con quello che ci aspettiamo». Nessuna scomunica, ma una linea netta: «Esistono i valori di un partito nato più di trent’anni fa. Il generale non ha fatto la gavetta, come è toccato a tutti noi, a partire da Matteo Salvini. È doveroso che rispetti le regole e le liturgie del partito in cui è entrato».
Zaia è pragmatico. Non ha interesse a “vannaccizzare” la Lega: «Sinceramente non lo so cosa voglia dire. Vannacci è persona intelligente, della provocazione ha fatto la sua cifra. Però noi non abbiamo bisogno di battute o di provocazioni. Lui porti le sue proposte come tutti all’interno del movimento, poi si deciderà». Parole che pesano, anche perché arrivano mentre in Veneto si comincia a guardare al futuro. Salvini ha fatto il nome di Erika Stefani come possibile candidata governatrice. «Non è lesa maestà che tocchi a noi continuare a guidare la regione. Salvini ha fatto il nome di Stefani e io sono convinto che debba essere sostenuto. Non è stata una fuga in avanti», spiega Zaia.
E sul suo futuro: «È un’incognita, e per qualcuno anche una preoccupazione. Ho in testa una sola cosa: governare la mia regione fino all’ultimo giorno. Ho rinunciato a un seggio sicuro in Europa un anno fa. Certo poi non rimarrò con le mani in mano». Il caso di Miss Trieste diventa così il terreno simbolico di una battaglia più ampia. Zaia sceglie di stare dalla parte di una ragazza attaccata solo per la pelle che ha e, allo stesso tempo, di ribadire che la Lega non può ridursi a slogan o provocazioni. «Chi attacca per il colore della pelle è fuori dal mondo. E chi entra nella Lega deve rispettarne i valori».