L’allusione è pesante: la premier italiana coinvolta in un festa a base di cocaina e alcol con il collega ucraino. Un’altra fake news che parte da Mosca e viene rilanciata dai social filo-Putin. E la portavoce Zakharova commenta con ironia
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Altro che meme, altro che satira. Il video pubblicato da Russia Today su Giorgia Meloni è un perfetto esempio di propaganda velenosa, uno di quei montaggi studiati a tavolino per fare male, colpire, insinuare, infangare. Smorfie, occhi spalancati, gesti nervosi: tutto selezionato, tagliato e rimontato con malizia chirurgica, per lasciar galleggiare un sospetto: che la presidente del Consiglio italiana si sia lasciata andare a un festino con Zelensky, tra cocaina e champagne, stile “euforia da bunker”. Una roba che nemmeno nei peggiori bar di Telegram.
Il filmato è stato pubblicato sui social ufficiali di RT – Russia Today, il megafono mediatico del Cremlino, già bandito dall’Europa per disinformazione sistemica. E in poche ore ha fatto il giro della rete: un fiume di commenti sarcastici, rilanci di profili filo-Putin, e soprattutto un sottotesto lurido, che si fa beffe della verità. Perché il video non accusa, ma allude. Non denuncia, ma suggerisce.
Come in un vecchio manuale di disinformazione sovietica, si mette in scena il dubbio, si insinua la “domanda”: che ci faceva la premier così su di giri accanto a Zelensky? E quei gesti, quelle espressioni, quei tic... non vi ricordano niente? Un déjà vu inquietante. Ricordate il video, altrettanto manipolato, in cui accanto alla mano del presidente ucraino compariva magicamente una riga di cocaina? Anche lì, tutto falso. Ma fu sufficiente a scatenare l’immaginario tossico della rete. Stesso schema, stessa regia. Cambia solo il bersaglio.
E oggi quel bersaglio si chiama Giorgia Meloni. Una premier che, a quanto pare, sta diventando scomoda. Perché ha osato prendere posizione – chiara – su Putin e sull’Ucraina. Perché ha ribadito a Washington, in faccia a Biden, che la guerra l’ha iniziata Mosca. E perché al G7, e poi ancora alla Nato, ha sostenuto sanzioni più dure contro il Cremlino. Una leader di destra, sì, ma non prona alla narrazione russa. E questo, nel manuale putiniano, è alto tradimento.
Eppure, il dettaglio più sconcertante non è il video in sé. È la reazione della Russia. Anzi, la sua nonchalance compiaciuta. A prendersi la scena è stata ancora una volta lei, Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, già nota per la lingua biforcuta e l’humour da politkommissar. Invece di prendere le distanze, la Zakharova ride. Pubblicamente. Senza vergogna. Commenta il video con ironia, lo rilancia, alimenta l’onda. Dando così una patente di ufficialità a quella che è, a tutti gli effetti, una bufala tossica.
In un Paese dove i giornalisti spariscono e le voci dissidenti finiscono in carcere, la risata di Zakharova non è leggerezza. È complicità piena in un’aggressione mediatica. E sui social – soprattutto su X, la piattaforma più accogliente per la disinformazione made in Russia – il veleno corre libero. Tra fake news, montaggi, battute sessiste e attacchi personali, la narrazione prende forma: Meloni come Zelensky, cioè una caricatura grottesca, da ridicolizzare e screditare. Un’operazione che non è affatto spontanea. Nulla, nella propaganda russa, lo è.
E se oggi il Cremlino ha deciso di colpire Meloni, è perché la considera ormai una nemica geopolitica. Non ha seguito Trump nella sua apertura a Mosca. Non ha mollato Kiev. E ha anche osato denunciare i tentativi russi di infiltrarsi in Libia, mettendo in guardia gli alleati europei. Roba da far saltare i nervi a più di un oligarca. E poi l’Iran. Meloni, parlando con la stampa italiana, ha espresso il desiderio di una «sollevazione popolare» contro il regime degli ayatollah.
Un’uscita che le è costata una ramanzina diplomatica direttamente dalla Zakharova: «Ricordo che l’Onu ha dichiarato inammissibile l’ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani», ha detto la portavoce, tirando fuori dal cappello la risoluzione del 1965. Tutto molto ufficiale. Tutto molto vintage. E nel frattempo, in rete, gli insulti corrono.
Nessuna smentita, nessuna correzione. Solo veleni. Perché funziona così: la propaganda non risponde, rilancia. E tanto più assurda è la bugia, tanto più viene amplificata. È lo stesso schema usato contro Zelensky, contro Macron, contro Draghi. Ma stavolta la vittima è una premier italiana. E non è affatto un caso. Questa non è solo una questione di disinformazione. È un attacco politico mascherato da satira digitale. Un modo per screditare un capo di governo europeo, presentandolo come instabile, ridicolo, magari pure dipendente da qualcosa. Il sospetto è il nuovo virus. E Mosca sa inocularlo benissimo.