Il Comune di Bolzano costretto alle scuse dopo l’episodio choc: «Non deve succedere mai più». Ma i familiari non ci stanno: «Ora ci arriverà pure il conto per la tumulazione. Una vergogna assoluta»
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Doveva essere un addio composto, un momento di raccoglimento, l’ultimo saluto a un padre di 96 anni. Invece al cimitero di Laives, in provincia di Bolzano, una famiglia si è ritrovata da sola davanti a una fossa aperta, senza nessuno incaricato dal Comune per effettuare la tumulazione. Nessun becchino, nessun addetto, nessuna assistenza. Solo parenti costretti ad arrangiarsi con corde rosse, come in un film grottesco che nessuno avrebbe voluto girare.
Il feretro era stato portato dopo la messa dalla chiesa al camposanto. Tutto regolare, fino al momento cruciale. All’ingresso del cimitero, però, nessuno li attendeva. Né addetti comunali né personale della ditta incaricata. «Abbiamo aspettato un’ora e mezza sotto il sole cocente di mezzogiorno – racconta la figlia del defunto –. Alla fine ci siamo arrangiati. Un momento di dolore si è trasformato in un incubo».
I familiari hanno provato a chiedere aiuto. Dal Comune sono stati inviati due dipendenti, ma nessuno dei due sapeva nemmeno come procedere. «Non avevano esperienza di tumulazioni – spiega la figlia –. Ci hanno dato una mano, ma era evidente che non sapevano cosa fare. Alla fine alcuni di noi hanno preso delle corde rosse e abbiamo calato il feretro a mano, legandolo davanti e dietro per tenerlo stabile. Oscillava, tremava, e avevamo paura che finisse a terra. È stato terribile».
Un funerale trasformato in scena da cantiere, con parenti piegati sulla fossa a reggere il peso di una bara. Uno spettacolo che ha indignato la comunità locale e che ha costretto l’assessore comunale ai servizi cimiteriali, Antonio Cantoro, a intervenire pubblicamente. L’assessore ha provato a spiegare che si è trattato di un disguido burocratico, di un errore di calendario, di un sistema informatico non ancora rodato. Ma la verità, agli occhi di chi ha vissuto quella giornata, è brutale: in un momento in cui il rispetto e la dignità dovrebbero venire prima di tutto, è stato lasciato spazio solo a improvvisazione e superficialità.
Il 14 agosto la figlia del defunto ha ricevuto una telefonata personale dall’assessore. «Mi ha detto che è da poco in carica, che deve gestire troppi fogli Excel e un nuovo programma complicato, e che ha capito che il problema cimiteriale va affrontato radicalmente». Una giustificazione burocratica che suona come una beffa. Perché mentre il Comune si perdeva nei suoi file, una famiglia combatteva con corde improvvisate per non far cadere la bara del proprio caro.
E non basta. «Mi ha aggiunto che la situazione si sarebbe potuta risolvere spostando la tumulazione di 24 ore – continua la donna –. A quel punto sono scoppiata: e dove avremmo dovuto portare la bara? A casa nostra?». Un’uscita che, da sola, dà la misura dell’impreparazione e della mancanza di sensibilità con cui l’intera vicenda è stata gestita.
Come se non bastasse l’umiliazione, ora la famiglia si prepara a ricevere anche il conto. «Tra un paio di mesi arriverà il pagamento PagoPA: circa 200 euro per le spese di tumulazione. Dopo quello che è successo, è semplicemente inaccettabile». Una cifra che in altri contesti sarebbe solo un atto amministrativo, ma che in questo caso si trasforma in una seconda offesa, la beffa finale dopo il danno.
Il Comune ha annunciato un’indagine interna per chiarire come sia potuto accadere un simile disastro organizzativo. Le prime ipotesi parlano di un’email non letta, di un passaggio di consegne fra uffici mal gestito, di un buco in un sistema informatico nuovo e già fallimentare. Ma nessuna spiegazione potrà cancellare le immagini di una famiglia costretta a fare il lavoro dei becchini per poter dare degna sepoltura al proprio caro.
Un episodio che segna un punto bassissimo della dignità civile. Perché il dolore non ha bisogno di giustificazioni tecniche, né di scuse tardive. Ha bisogno di rispetto, silenzio e professionalità. Tutto ciò che a Laives, in quel giorno, è mancato. E che difficilmente i familiari dimenticheranno.