L’ultima classifica di Mediobanca (basata sui bilanci 2024 di oltre 2.800 imprese) consegna un ritratto sorprendente: l’Italia che fa fatturato e pesa davvero è quella dell’energia e dell’industria tradizionale, non certo quella delle startup digitali o di altri settori spesso tanto celebrati.

Sul podio ci sono Eni (88,8 mld €), Enel (73,9 mld) e il GSE (51,9 mld), tutti gruppi pubblici che dominano la top 10 con margini operativi eccezionali.

Il report evidenzia anche che nove delle prime venti aziende sono partecipate dallo Stato, e che il 90% del margine operativo netto della top 10 è generato proprio da queste aziende pubbliche. In classifica troviamo altri nomi importanti come Leonardo, Prysmian, Stellantis o Saipem, ma che contribuiscono solo per una frazione limitata al fatturato aggregato, pur restando significativa in termini di occupazione.

È un segnale troppo spesso ignorato: le imprese che reggono l’economia reale italiana non fanno clamorose apparizioni mediatiche. Non sono influencer, ma colonne portanti del Paese. Sono soprattutto loro a investire sul long term, a creare posti di lavoro, a sostenere infrastrutture, filiere e know-how tecnico.

Ecco perché dovremmo chiederci quanto davvero siamo consapevoli della dimensione industriale che abbiamo. Se continuiamo a raccontare l’Italia solo attraverso il rumore del dibattito politico o delle novità digitali, rischiamo di trascurare la sostanza, il motore che ancora muove gran parte dell’economia nazionale.

In definitiva, questa classifica non è un semplice ranking di fatturati: è uno specchio che ci mostra un Paese più forte di quanto spesso immaginiamo, che non chiede applausi ma solo di essere riconosciuto per ciò che è. Forse questo dovrebbe capirlo prima di tutto la politica, e ancor prima il governo.