Scatta il filtro che blocca in rete le chiamate estere camuffate da cellulari italiani. Un passo avanti storico, ma non la fine delle telefonate moleste
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Da domani, 19 novembre, il telefono degli italiani diventa un po’ meno terra di nessuno. Entra infatti in funzione il filtro più incisivo mai progettato contro il telemarketing molesto: uno scudo che blocca alla radice le chiamate internazionali camuffate da numeri di cellulare italiani, cioè quelle che ogni giorno raggiungono milioni di utenti fingendosi normali telefonate nazionali. È la “fase due” della stretta anti-spoofing — il termine tecnico per indicare l’alterazione dell’identità del chiamante — dopo il primo passo di agosto, quando era stato attivato il filtro contro i numeri fissi fasulli provenienti dall’estero.
Questa volta la rivoluzione è ancora più profonda perché i numeri mobili sono la maschera preferita di chi vuole aggirare i controlli. Dal promotore insistente alle truffe bancarie travestite da “avviso urgente”, il meccanismo è sempre lo stesso: un call center o una piattaforma situata all’estero imposta un numero inesistente, ma con prefisso italiano, per superare i blocchi automatici e conquistare la fiducia dell’utente. Da domani questo trucco non funzionerà più. Gli operatori — tutti, non solo quelli mobili italiani — sono obbligati a riconoscere le telefonate sospette e a fermarle prima ancora che arrivino agli smartphone.
Il punto cruciale è che l’operazione avviene direttamente in rete, senza bisogno di app, impostazioni da modificare o interventi dell’utente. Non costa nulla e non richiede aggiornamenti. Quando una chiamata dall’estero si presenta come un normale cellulare italiano, il sistema la intercetta e la blocca, a meno che non si tratti di un utente in roaming. È una distinzione delicata, che ha richiesto mesi di coordinamento tra le compagnie, ed è qui che si gioca la reale efficacia della misura: se tutti gli operatori internazionali collaboreranno, il numero delle telefonate moleste potrebbe crollare drasticamente. Se anche solo alcuni resteranno indietro, lo scudo avrà zone d’ombra da cui infiltrarsi.
Il precedente della “fase uno” lascia ben sperare: secondo l’Autorità garante delle comunicazioni, in un solo mese quel primo filtro ha bloccato circa 20 milioni di chiamate fasulle, oltre l’1,3% del traffico totale proveniente dall’estero. È un segnale forte, perché dimostra che gli strumenti tecnici funzionano e che gran parte del telemarketing molesto viaggia su circuiti esteri difficili da controllare con i metodi tradizionali. Con l’estensione ai numeri mobili fasulli, il cerchio si stringe intorno a quella fetta più insidiosa di chiamate che imitano un normale cellulare e che proprio per questo risultano quasi indistinguibili.
La domanda, inevitabile, è: sarà la fine dell’incubo? La risposta, più realistica, è che lo scenario migliorerà in modo significativo, ma non si assisterà a un “telemarketing zero”. È un limite strutturale del sistema. Il filtro blocca solo le chiamate che alterano la loro identità, ma non può intervenire su: numeri italiani veri utilizzati da call center autorizzati ma aggressivi; numeri esteri veri, autentici e quindi legittimi; chiamate su WhatsApp, Telegram o altre piattaforme VoIP che non passano dalla rete voce tradizionale; sms commerciali o messaggi vocali automatizzati che aggirano i canali convenzionali.
In altre parole, lo spoofing è solo metà del problema. L’altra metà resta viva, rumorosa, insistente. Basta pensare che molti call center situati in Italia operano perfettamente all’interno delle regole, utilizzando numeri veri e quindi non intercettabili dai nuovi filtri. Non tutte le chiamate sono truffe, naturalmente, ma la percezione degli utenti — bombardati da offerte non richieste — contribuisce a rendere ogni squillo potenzialmente sgradito. Per questo le associazioni dei consumatori ricordano che il sistema ridurrà la pressione, ma non eliminerà del tutto il disturbo.
In questo quadro si inserisce anche la proposta politica arrivata in questi giorni da Fratelli d’Italia: l’introduzione di un prefisso unico nazionale per tutte le chiamate commerciali, pubblicitarie o promozionali. L’idea è semplice: se una telefonata arriva con quel prefisso, l’utente sa che si tratta di telemarketing. Nessun inganno, nessun numero mascherato, nessuna ambiguità. Un meccanismo che aumenterebbe la trasparenza, almeno per i soggetti regolari. Ma è evidente che la sua efficacia si reggerebbe comunque sul presupposto che la battaglia contro lo spoofing sia già stata vinta. Se un operatore scorretto utilizza un numero reale ma non conforme al prefisso obbligatorio, saranno necessarie sanzioni pesanti e controlli capillari. Il testo dell’emendamento lo prevede: multe da 10 mila a 500 mila euro e sospensione temporanea dell’attività fino alla regolarizzazione, su linee guida che l’Agcom dovrebbe definire.
Resta poi il fronte più difficile: quello delle chiamate che non passano dalla rete telefonica. WhatsApp, ad esempio, è già il nuovo terreno preferito da truffatori, promotori e operatori borderline. Qui il filtro non intercetta nulla e l’unica barriera è il buon senso del consumatore. Gli stessi esperti sottolineano che in questo caso non esiste un intervento tecnico immediato in grado di proteggere gli utenti: servirebbero accordi internazionali, controlli sui numeri che vengono registrati sulle piattaforme e nuove forme di verifica.
Eppure, nonostante le falle che resteranno inevitabilmente aperte, la data del 19 novembre segna un passaggio storico. Per la prima volta si introduce un sistema coordinato in grado di bloccare a monte le telefonate più invasive e più frequenti. È una protezione invisibile ma potentissima, che potrebbe cambiare in modo drastico il quotidiano degli utenti. Non sarà la soluzione totale, ma è di gran lunga il passo più concreto compiuto finora. E in un paese dove ogni giorno milioni di persone ricevono chiamate che non avrebbero mai voluto ricevere, è già una piccola rivoluzione.
Se funzionerà davvero lo si scoprirà nei prossimi mesi. Ma almeno per una volta la battaglia contro il telemarketing parte con un’arma che non cattura solo gli ingenui: cattura il problema.

