Donald Trump, noto per affibbiare etichette provocatorie ai suoi avversari politici, stavolta è stato lui stesso bersaglio di un soprannome pungente: "Taco". Non si tratta di un riferimento culinario, ma di un acronimo ideato dall’editorialista del Financial Times Robert Armstrong: Trump Always Chickens Out, ovvero "Trump torna sempre indietro". Il termine allude al comportamento ormai ricorrente dell’ex presidente in materia di dazi: annuncia misure aggressive, gettando nel panico i mercati, salvo poi fare marcia indietro.

Il Taco trade: un ciclo ormai prevedibile

Il soprannome ha preso piede in fretta a Wall Street, tanto che si parla già di "Taco trade" per descrivere il meccanismo che accompagna l’annuncio e il ritiro dei dazi trumpiani. La sequenza è semplice e si è ripetuta più volte: minaccia di dazi alti, reazione negativa dei mercati, correzione politica, e infine il recupero delle Borse.

È una dinamica che ha fornito agli investitori un modello di comportamento prevedibile: vendere quando i dazi vengono annunciati e ricomprare quando l’amministrazione americana rivede le proprie intenzioni.

Dazi annunciati, mercati in fibrillazione

Un esempio recente è l’annuncio di dazi del 50% sui beni europei, previsti dal 1° giugno. La notizia ha causato un brusco calo delle Borse internazionali. Ma quando la Casa Bianca ha posticipato l’entrata in vigore al 9 luglio, citando la necessità di ulteriori negoziati, i mercati hanno immediatamente reagito al rialzo.

La stessa dinamica si era verificata con la Cina: inizialmente, Trump aveva minacciato dazi del 145% su vari prodotti, generando un’ondata di vendite. Pochi giorni dopo, un ridimensionamento al 30% per un periodo di 90 giorni ha rilanciato i mercati. Una tattica che molti osservatori definiscono manipolativa, ma che Trump difende come parte integrante della sua strategia negoziale.

Wall Street si adatta (e specula)

Il Taco trade non è più solo un'ironia da commentatori: è diventato una vera e propria opportunità per gli investitori. In un mondo finanziario dove le dichiarazioni di un leader possono smuovere indici globali, l’abitudine di Trump a minacciare e poi ritirarsi ha creato un meccanismo ciclico che, se ben interpretato, può generare profitti consistenti.

Molti trader hanno cominciato ad anticipare queste dinamiche: reagire subito agli annunci e sfruttare la ripresa successiva è diventato quasi un automatismo. Ecco perché la definizione "Taco trade" ha assunto una valenza tanto tecnica quanto politica.

Trump risponde con irritazione

Alla Casa Bianca, però, l’ironia non è piaciuta. Durante un incontro con la stampa nello Studio Ovale, un giornalista ha chiesto al presidente cosa pensasse del soprannome. La reazione è stata stizzita. «È una domanda sgradevole», ha replicato Trump. «Se quelle tariffe non le avessi minacciate, non saremmo nemmeno arrivati al tavolo dei negoziati. Ora che cerco compromessi più sensati, mi danno del codardo. È ridicolo».

Una difesa accorata che, tuttavia, non ferma le critiche. Molti economisti vedono in questa strategia una fonte di instabilità sistemica, che confonde le imprese e disorienta le economie. E mentre Trump rivendica i suoi metodi come parte di un piano più ampio, il nomignolo "Taco" è destinato a restare come simbolo di un'era politica e finanziaria fatta di minacce, retromarce e fluttuazioni di mercato.