Raffaellina e Antonio ci accolgono nella loro abitazione. Quella che è diventata casa, costruita con il duro lavoro fatto in Svizzera. Lei di Stalettì, lui di Potenza ma stalettese di adozione. Dopo 58 anni di matrimonio continuano a immaginare il loro futuro insieme, tenendo viva la memoria di ciò che è stata la loro adolescenza, prima e dopo essersi sposati.

Fermata “Memorie di intrattenimento”

«Per me che sono cresciuta in un piccolo paesino, uno dei ricordi più belli è la televisione. Negli anni ‘60 quasi nessuno aveva la possibilità di acquistare il televisore. Piccoli e grandi andavamo nell’unico posto in cui era presente: la cooperativa del vino. Tante famiglie riunite nello stesso posto a vedere l’Italia come non l’avevano mai vista. Volti nuovi, linguaggi nuovi. Dopo anni lo comprò mio zio e iniziammo a frequentare di più casa sua, tra parenti e vicini. Un altro strumento bellissimo è il giradischi. Le signorinelle ci riunivamo a casa di qualche cugina e ballavamo sulle note di Bobby Solo, Little Tony, Celentano, Morandi, Rita Pavone.»

Fermata “Memorie di relazioni”

«Più che le attività, noi ricordiamo gli affetti del passato. Le relazioni erano diverse. Non c’erano i giochi di adesso, ma giocavamo. Non c’era il cibo di adesso, ma mangiavamo. Non c’era il benessere di adesso, ma stavamo bene. Il problema di oggi è il troppo benessere. Tutti vogliono sempre qualcosa in più degli altri per dimostrare che valgono di più. Quindi, non c’è vera amicizia. Non c’è rispetto, che invece è il fondamento delle relazioni. Quando eravamo giovani noi, non avevamo molte possibilità, per cui cercavamo di aiutarci gli uni con gli altri. Ora i figli non rispettano i genitori, le sorelle i fratelli e viceversa; gli amici veri sono rari. E insieme al rispetto è venuta meno l’educazione. Un tempo, pur avendo ragione, non ci permettevamo di rispondere ai genitori. Adesso ti guardano in faccia con occhio ti sfida e ti dicono che tu non capisci niente.»

Fermata “Memorie di mestieri”

«Un’attività da fare insieme era ricamare. Verso i 13/14 anni si iniziava a frequentare l’ambiente dei “Mastri e Maistri”. Le femminucce andavano dalle sarte e i maschietti dal barbiere. Le ragazzine, in particolare, di mattina andavamo a istruirci da una signora e, una volta rincasate, sedevamo all’entrata delle nostre case e ci esercitavamo insieme facendo centrini. Tanti centrini. Alcuni li conservo ancora oggi per custodirne il ricordo, altri li ho donati a Casa-famiglia.»

Fermata “Memorie di amori duraturi”

«Si giocava a nascondino, ali “vrìduci” [il gioco con le pietre di cui abbiamo approfondito le caratteristiche insieme alle signore di Amaroni], alla campana. Non serviva metterci d’accordo, l’incontro avveniva in maniera automatica, si può dire. Si usciva nella “ruga” con la consapevolezza che ci sarebbero stati anche gli altri ragazzini. Adesso ci si organizza perché ci sono tante cose da fare e non è detto che siano tutti disponibili a fare la stessa cosa, ma prima avevamo pochissime scelte. È anche vero che prima non avevamo tante concessioni da parte dei genitori. Per trovarci il fidanzatino o andavamo a messa o a prendere l’acqua alla fontana con la “vozza” [un recipiente in terracotta simile a un fiasco con i manici]. Poi, se tutto andava bene, iniziava una frequentazione condivisa: maschi e femmine non potevano stare insieme da soli! C’erano sempre sorelle, fratelli, cugini di mezzo… E mio marito - al tempo fidanzato - mi baciava all’improvviso facendo arrabbiare gli altri. Quando lui se ne andava, io mi prendevo le ramanzine! Da sposati, poi, ce ne siamo andati in Svizzera per un po’. I matrimoni erano differenti. Il ricevimento si faceva al bar e poi ci si spostava a casa. Noi siamo stati il secondo matrimonio di Stalettì ad avere l’orchestra, che ha continuato a farci ballare anche a casa! La festa in realtà durava 8 giorni: noi mandavamo i confetti a casa agli invitati e poi loro venivano a trovarci. Era una grande gioia perché veniva condivisa con gli altri per giorni. Non si spendevano molti soldi, ci si divertiva e i matrimoni sono duraturi. Oggi... vabbè dai, ci siamo capiti; è diverso.»

Fermata “Memorie di villaggio”

«Il mare l’ho conosciuto verso i 10 anni. Le persone di Stalettì facevano le baracche sotto i ponti, verso Caminia. Poi la sera si cucinava fuori con il fuoco, si stava insieme ridendo e scherzando tra compaesani… e si passavano così 15/20 giorni. Poi hanno fabbricato, distruggendo il villaggio che usavamo creare. Ma comunque non andavamo spesso, non tutte le estati. A volte si andava a piedi. Non c’erano le strade di oggi, erano tutte rurali ed era anche facile trovare delle scorciatoie. Ma la distanza c’era comunque.»

Raffaellina e Antonio raccontano un tempo il cui valore della resistenza sembra perduto. Ma nella loro voce c’è anche la speranza che la gioia condivisa, la gentilezza, il rispetto e la reciprocità possano perdurare. Magari in un matrimonio, magari in un’amicizia. Magari in un’estate che non passa mai. Come certi centrini rimasti intatti, nonostante il tempo.