Roberta, la sua morte e quel dirupo antico senza luna

Antonella Grippo esplora le ombre della fine violenta della diciassettenne siciliana, il cui corpo, in parte arso, è stato rinvenuto in un burrone a Caccamo, in provincia di Palermo

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di Antonella Grippo
30 gennaio 2021
10:10
Roberta Siracusa
Roberta Siracusa

Intensa, dai tratti regolari e morbidi come da genoma lirico siciliano. Di meridiana e ancestrale femminilità. Adolescenza di roccia e di mare dentro un prestito brevissimo di vita senza stigma di morte avvizzita. Roberta è l'eterno inviolato, l'alabastro intatto della bellezza che torna a sè, alla sua foce, per una splendida beffa al deperire che non avrà luogo. Nel fulgore di una giovinezza che, in quanto tale, tende il suo più ironico tranello alla sorte maligna. "Chi muore giovane è caro agli dèi"- amava dire Menandro (terzo secolo avanti Cristo), nel senso che chi subisce il danno di vedersi interrotta l'esistenza prematuramente, riceve il dono che gli venga risparmiata l'asprezza della vecchiaia. Che non può osare sul tuo volto l'oltraggio estremo, anche se finisci bruciata. Se muori a diciassette anni, resti bella per sempre. E dalle intatte sinuosità. Di fianchi e occhi solo interrotti. Che stentano a farsi lapide di ruggine.

Deve essere stata una notte d'inverno più scaltra delle altre, quella che ti ha sorpresa tra le mani del predatore. Una notte fraudolenta di lune omesse e taciute, che ti ha scaraventata nel ventre di un burrone. Mentre, ormai arsa e vinta, non sporgevi più ad altri inverni. Ti hanno trovata il giorno dopo. E lui per primo, sapendoti lì. Ad ucciderti, il demone della gelosia, mostro atavico e mai trascorso, che, in questo nostro tempo, nidifica nel bunker 3.0 con vista filmica sulle tribali praterie del web, dove l'eco di "Bedda mia, ti amo" si fa epitaffio per la tua pelle di cenere nera.


Il mostro ha repliche infinite: sa come agire oltre le spoglie di Shakespeare che ne ammansì il furore mandandolo a morte in scena. Mentre Stendhal ne aggraziò sciaguratamente il tratto, accennandovi come "misura dell'amore". Roberta uccisa e vilipesa, negata e colpita, è creatura di quest'attualità, la nostra: è creatura postmoderna crocifissa al basic instinct, alla pulsione primordiale. Dai chiodi di un paradosso criminale. Pietro, il giovane amante, è tutta la storia del mondo compressa in una perla di sudore che vaga come larva lungo la tempia di un'anima lacerata e scoscesa. Uggiosa e spenta. In dissolvenza sullo schermo raggelante di un dirupo insulare. Pietro, ancorché diciannovenne, è il prologo primitivo di sè che non vuole andarsene: è l'antenato dell'onore offeso dal rifiuto della sua donna. E Roberta, nel fondo di un burrone, lo spettro di fuliggine cui non è più dovuta alcuna gelosia.

La generazione 3.0, massimamente al passo con i tempi vertiginosi dell'impazienza di internet, ha una mano digitale per sfiorare il dorso dell'ultramodernità e del futuro in rete, e l'altra ostaggio di una tanica di benzina per violare l'inesorabile bellezza di una ragazza, in ossequio al passato più remoto della maschietà da asserire. Sta tutto qui l'ossimoro: nel virtuale ipertecnologico che gronda sangue antico. "La gelosia è di natura così fatale che si attacca agli atomi del sole"- cosi Miguel de Cervantes in tempi molto sospetti. Talvolta, anche ai granelli di lune omesse e taciute, in una notte fredda della provincia italiana. Nel 2021.

Giornalista
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