All’evento “Frammenti di Attualità” svoltosi a Cori, in provincia di Latina, il giornalista e scrittore denuncia la decapitazione dei partiti storici e la crisi della classe dirigente: urge recuperare le idee e la cultura del confronto
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L’errore più grave forse non è stato solo cambiare totalmente il sistema. È stato uccidere l’intera classe dirigente senza costruire qualcosa di davvero solido in cambio. All’evento organizzato da “Frammenti di Attualità”, sono stati affrontati alcuni temi, tra cui la differenza tra prima e seconda Repubblica, dove abbiamo avuto la testimonianza e il parere di più persone.
Tra i presenti, il Sindaco di Benevento Clemente Mastella, il Deputato Roberto Morassut, e il giornalista e scrittore Luigi Bisignani, uomo che non ha bisogno di troppe presentazioni.
Luigi Bisignani, ha dato insieme a gli altri ospiti una spiegazione chiara e reale sul passaggio dalla prima alla seconda Repubblica.
Come dice Bisignani, e chi meglio di lui, che ha vissuto da vicino le stanze del potere, accanto a figure come Cossiga e Andreotti “i partiti sono stati totalmente ammazzati”. E con loro, è morto anche un certo modo di fare la politica.
La cosiddetta “Seconda Repubblica” è nata da una spinta giudiziaria, non politica, questo che sia chiaro. Mani Pulite non ha solo colpito la corruzione (cosa sacrosanta), ha anche decapitato i grandi partiti di una volta, le scuole di pensiero, e le sezioni. Non è stato solamente un normale ricambio generazionale, ma una decapitazione, se proprio dobbiamo dirla tutta.
Una volta, il Parlamento era un luogo vivo. Le commissioni funzionavano davvero. I parlamentari conoscevano i dossier, seguivano i lavori, e costruivano mediazioni. E soprattutto non dimentichiamoci, che a prescindere dalla bandiera politica, tra loro vigeva rispetto e stima.
Oggi? Chiedete in giro: quanti sanno il nome del presidente di una commissione parlamentare ? Più importante ancora: quanti sanno cosa fa quella commissione? Ed è qui che le parole di Bisignani assumono un peso specifico enorme.
Perché lui non parla solo da nostalgico. Parla da testimone diretto, da osservatore acuto, da uomo che ha visto, e ascoltato da vicino quelli che hanno fatto la Storia con la S maiuscola. E allora dire che senza unità non si farà mai nulla, non è un consiglio, è un monito.
Dare ascolto alle dichiarazioni di Bisignani, non è solo un esercizio di memoria. È un atto di intelligenza. È riconoscere che, per quanto toccato sia stato il suo ruolo nel corso degli anni, lui ha visto, ha saputo, ha capito. E oggi lancia un allarme che andrebbe ascoltato molto più di tante chiacchiere televisive.
Qui nessuno vuole simulare la Prima Repubblica, anche perché di fatto, sarebbe poco fattibile. Ma forse serve recuperare alcuni suoi tratti fondanti: ossia, l’importanza dei partiti veri, la forza del Parlamento, e la cultura del confronto.
E, perché no, anche la capacità di selezionare classi dirigenti all’altezza. Dato che l’unico problema del governo Meloni è proprio la squadra che si porta dietro, poiché non fa altro che creargli problemi assurdi e assidui. Ma nonostante ciò, la piccola grande Giorgia, ha dimostrato una tenacia straordinaria difronte alle mille problematiche che gli portano i suoi.
Il mondo è cambiato, certo. Ma l’Italia ha bisogno di ritrovare se stessa. Perché, come ci ricorda Bisignani, “se questo Paese non riesce a trovare un’unità di fondo, non riuscirà mai a fare nulla”.
E detta così, non è solo una frase. È una diagnosi. Anzi, una profezia con ogni probabilità.