L’appuntamento operistico di giovedì 17 luglio, al Rendano Arena #Restartlivefest, sezione estiva della Rassegna L’Altro Teatro, a Cosenza, non è stato di nostro gusto, anche se la risposta del pubblico è stata nel complesso positiva. Nonostante sia lodevole l’iniziativa che ha portato nella città calabrese nel 2023 “La traviata” di Verdi, nel 2024 “Tosca” di Puccini e quest’anno “Il barbiere di Siviglia” di Rossini, reputiamo che ci sarebbe stato molto da fare soprattutto nella scelta del cast, in particolare quest’anno alquanto discutibile. Utilizzare l’aggettivo internazionale come richiamo pubblicitario e come specchietto per le allodole, può essere un boomerang che ritorna e fa male. Così è stato per quest’allestimento.

Comunque entriamo nel merito dell’esperienza, iniziando dagli aspetti che hanno funzionato della recita.

Fra tutti spicca l’Orchestra Sinfonica Brutia che ha dato prova di grande compostezza e precisione, diretta con maestria e un certo piglio dal Maestro Nicola Marasco, sempre attento al rapporto tra la buca e i solisti. Anche il Coro Lirico “Francesco Cilea”, istruito dal Maestro Bruno Tirotta, si è dimostrato all’altezza, offrendo un contributo scenico assolutamente significativo.

La regia di Luigi Travaglio è assolutamente tradizionale, anche se si permette di giocare in modo personale con le luci per enfatizzare emotivamente l’allestimento. Ha saputo ben giocare con lo spazio, distribuito su due livelli, nel complesso limitato, facendo posto anche al corpo di ballo che arricchisce l’allestimento e che riproduce nel II atto la pioggia in modo assolutamente divertente. Da rilevare inoltre alcuni riferimenti locali di Don Bartolo – la tipica esclamazione “focu meu”, la proposta di cantare la Calabrisella e l’incipit di Italia di Mino Reitano, e l’uso suggestivo del coro. Assolutamente nella parte di Ambrogio l’attore e mimo Antonio Chiriaco, dalla carica espressiva e dalla mimica veramente particolari.

Del cast, la parte più carente dello spettacolo, abbiamo realmente apprezzato fra tutti solo Domenico Colaianni che ha vestito in modo impeccabile i panni di Don Bartolo. Verve scenica eccellente, interpretazione naturale, ottima tecnica vocale e buona proiezione di voce lo confermano la star della serata.

Buona pure la prova di Arturo Espinosa nel ruolo di Don Basilio: grazie alla sua voce pastosa e rotonda, e a un piglio buffo simpatico, riesce a distinguersi fra i suoi compagni di viaggio.

Marta Pluda è una Rosina troppo scura. La sua è una prova soddisfacente in quanto può contare su validi virtuosismi e su una certa personalità scenica, ma è proprio il colore che non è, a nostro avviso, idoneo al ruolo e che ne inficia il risultato finale.

Musicali risultano Silia Valente e Francesco Laino, rispettivamente Berta e Fiorello/Un ufficiale: buono il loro apporto all’opera e in particolare Laino si caratterizza per una rotondità vocale più che dignitosa.

Pedro Carrillo non offre un’interpretazione di Figaro musicalmente calzante. Nonostante una buona mimica e una valida presenza scenica, non convince vocalmente appunto. La sua voce manca dello squillo che Rossini prevede per il ruolo e, a volte, pare monocorde la sua esecuzione.

È Víctor Jiménez Moral il vero neo dell’allestimento. Il suo Conte d’Almaviva vocalmente è privo dei virtuosismi e delle tensioni emotive del personaggio. Non solida la sua emissione soprattutto negli acuti che non paiono stabili. La partitura prevede caratteristiche belcantistiche lontane da quelle del tenore spagnolo. Soprattutto nel primo atto, dove il personaggio multiforme è molto presente, la sua prova è stata alquanto discutibile.

Nel complesso dunque uno spettacolo sul quale la direzione artistica avrebbe dovuto operare con maggiore acume. Sarà stato un problema di budget?