Nel via vai di un bar di centro, la storia di un anziano che ogni anno celebra il suo onomastico con un caffè preso lentamente e una chiamata speciale: «Ogni cosa ha il suo momento, non affrettare nulla»
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Sono seduto in un piccolo bar del centro. Ho ordinato da poco un caffè e, nell’attesa, mi guardo intorno.
Accanto al mio tavolino si siede un uomo anziano, con i capelli completamente bianchi e tante rughe in viso. Ha gli occhi marrone scuro, ma piccole venature rosse ne velano la luminosità. Indossa una camicia azzurra, un maglioncino blu scuro e tiene con sé una piccola agenda telefonica, colma di foglietti.
Dalla tasca dei pantaloni estrae il suo cellulare, con una tastiera simile a quella dei primi telefoni senza fili.
Con fare delicato e lento richiama l’attenzione del cameriere, un ragazzo poco più che sedicenne, che in pochi minuti arriva al tavolo.
L’uomo parla poco, ma dai suoi gesti traspare una luce diversa rispetto a quella degli altri clienti. Nel via vai frenetico e disordinato del bar, lui è lento, non ha fretta: chiede soltanto il solito caffè freddo in tazza calda.
«Come mai tanta lentezza? Perché attendere a lungo un caffè nel via vai di un bar?» mi domando.
Arriva il caffè, ma anche una domanda dal cameriere: «Come mai, ogni anno, il 24 giugno, attende seduto in un bar una semplice telefonata? Solo un caffè e una telefonata?»
L’anziano sorride. «Buono il caffè!»
Poco dopo, il cellulare squilla. È il nipote.
«Buongiorno nonno, come stai? Buon onomastico. Volevo essere il primo a farteli».
«Buongiorno a te, amore. Auguri doppi anche a te: abbiamo lo stesso nome, lo stesso significato. Ti aspettavo», risponde il nonno con voce emozionata.
«Sono felice di sentirti, ma non mi hai detto ancora come stai. Che fate stamattina con la nonna?»
«Io sono al bar con alcuni amici, nonna è a casa. Tra poco la raggiungo.»
«Va bene, allora ci sentiamo più tardi, così saluto anche lei».
«D’accordo. Mi raccomando, riposa oggi. Ogni cosa ha il suo momento: non affrettare nulla, nemmeno il tuo onomastico. Un giorno anche questo sarà importante, lo ricorderai grazie alle tue emozioni» conclude il nonno.
Poco dopo, chiuse il cellulare. Il caffè era finito.
Rimaneva la felicità di aver risposto e non rimandato quella telefonata, e il ricordo di poterla raccontare.