L’uomo si colloca nella storia proprio nella misura in cui il suo spirito crea sé stesso, costruendo la libertà come fatto di conoscenza, non facciata di soddisfazione, consolante vernice, fatua vanità alimentata dall’abuso della parola
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Giorgia Meloni è stata in Senato per le interrogazioni a risposta immediata. Per la premier si tratta del quarto appuntamento di questo tipo in oltre due anni e mezzo di governo.
Rispondendo a un'interrogazione di Carlo Calenda, leader di Azione, la premier ha detto che l’Italia quest’anno spenderà il 2 per cento del pil nella Difesa nel 2025 per far fronte alle sfide geopolitiche in atto: «Lo ribadisco – ha aggiunto – con la coerenza di chi da patriota ha sempre sostenuto che libertà ha un prezzo».
La lingua di oggi, sequestrata dalle forze dominanti dell’informazione, della comunicazione e della politica, è soggetta a un continuo processo di cancellazione che svuota di significato parole importanti come “giustizia”, “identità”, “potere”, “impegno” e anche “libertà”, restituendone un’idea falsa.
Una specie di spettro copre, per l’appunto, il senso originario della parola libertà, facendone un surrogato che equivale, in una definizione ben nota di Carlo Levi, a ozio del mondo, zona nera di passività. Il soggetto è incastrato nel fantasma di una libertà di godere senza limitazioni, che lo riduce a sussistere come insignificante supporto al godimento dell’altro, non riuscendo a recidere il cordone ombelicale che lo lega al mondo esterno e, nel grande disagio, cessando di essere sé stesso.
Pur sapendo che non esiste libertà autentica che non sia prassi, ossia impegno e pensiero critico da sottoporre costantemente a verifica, si preferisce glorificare la libertà assoluta e l’indipendenza dell’individuo da limiti di ogni tipo, ivi compresi quelli imposti da ragione, morale, identità. Si tratta, come è evidente, di una malintesa idea di libertà che, ponendosi al di sopra di ogni contenimento, si trasforma in arbitrio della soggettività.
Eppure, l’uomo si colloca nella storia proprio nella misura in cui il suo spirito crea sé stesso, costruendo la libertà come fatto di conoscenza, non facciata di soddisfazione, consolante vernice, fatua vanità alimentata dall’abuso della parola. Come si vede, però, la lingua si rivela principalmente luogo di contesa, pur restando uno strumento indispensabile per avviare un processo di demistificazione riflessiva e critica oggi più che mai di fondamentale importanza.