Manganellati e additati, a Torino non c’erano teppisti in piazza ma il Governo racconta un’altra storia

Il centrodestra e la stampa amica hanno falsato la realtà per giustificare la reazione sproporzionata delle forze dell’ordine durante la manifestazione di protesta contro la premier Meloni

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di Carlo Crippa
10 ottobre 2023
15:05

In occasione della manifestazione della sinistra antagonista e dei centri sociali di Torino contro la visita della premiere Giorgia Meloni in città, caricata dalla polizia - la manifestazione - a colpi di manganello, si è assistito al solito copione di perbenismo ipocrita che in genere viene messo in scena quando si verificano eventi simili.

I dimostranti bollati come “violenti” e “teppisti” e la polizia “costretta a difendersi” da una “massiccia aggressione” che, si sa, proviene sempre dai dimostranti. Ci è mancato l’uso del termine “guerriglia urbana” ma, per quanto si possa inventare, quella a Torino proprio non c’è stata e così si è insistito molto sui lanci di uova, ma certo l’immagine di uova che si spiaccicano sui “parabrezza” degli elmetti dei “celerini”, per quanto “devastanti” possano essere stati i loro effetti sulla psiche degli agenti, non hanno avuto lo stesso effetto suggestivo di una bella “guerriglia urbana” inventata a regola d’arte. Peccato. Per chi era a caccia di notizie prefabbricate naturalmente.


In realtà i dimostranti violenti non lo sono stati, a meno di non considerare “violenza” quello spingi spingi che si è visto in tutti i video sull’argomento. Violenta è stata invece la polizia, che non si è limitata a manganellare a distanza ravvicinata, ma ha inseguito ed aggredito singoli dimostranti in fuga e non all’“attacco”. Non lo dico io, lo dice Amnesty International, che ha parlato di “impiego illegittimo della forza pubblica”.

La reazione delle nostre autorità governative è stata, allo stesso modo, tristemente consueta. Prima si è detto che l’intervento della polizia è stato legittimo in quanto il corteo non era “autorizzato”, quando ormai anche un bambino sa che chi organizza una manifestazione non ha bisogno di alcuna “autorizzazione” ma ha solo l’obbligo di informare le autorità. Poi si è detto addirittura che di manganellate non ce ne sono state affatto e questa è stata così comica che Diego Bianchi, nella trasmissione Propaganda live dedicata all’argomento, nel guardare la foto di una ragazza con il labbro inferiore sanguinante, ha commentato: «No, ma se vede…questa ci ha l’herpes».

Questo copione di “buoni” e “cattivi” per pregiudizio è stato simile nella reazione di una certa stampa. Ricordo di avere sentito in televisione un cronista dal tonante accento toscano – chiamiamolo “cronista” per carità di Patria, che spiegava che lui sapeva «da che parte stare», perché per lui il problema era tutto lì, il problema di una informazione corretta non lo riguardava. Lo stesso copione si è ripetuto in occasione della più recente manifestazione nazionale del sindacato contro il governo Meloni, quando una parte dei manifestanti in piazza a Roma il 7 ottobre ha rivolto qualche insulto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, questa ha, diciamo così, “invitato” la CGil a “prendere le distanze” e Maurizio Landini, il segretario nazionale del sindacato, già genuflesso al momento della visita di Giorgia Meloni al congresso della sua organizzazione, si è inginocchiato di nuovo, spiegando che chi ha insultato la Meloni non è del sindacato.

Ora, si può anche osservare che gli slogan sentiti a Torino e certi insulti contro Giorgio Meloni sentiti a Roma sono vecchi e stucchevoli, ma perché scusarsi? La protesta sociale e politica è completamente libera e non può avere limiti, nemmeno nelle sue espressioni poco felici, perché non è una questione di buone maniere, ma di sostanza.

E soffermarsi sulla “violenza” dei manifestanti, o sulla loro “cattiva educazione” verbale, è il modo migliore per ignorare sistematicamente la sostanza della protesta. È un alibi. E pretendere – e malauguratamente ottenere – la “presa di distanza” dagli “insulti” è in realtà pretendere la presa di distanza dalle ragioni della protesta. 
Per quanto tempo durerà ancora questo copione di dimostranti sempre e comunque violenti o maleducati, di poliziotti sempre e comunque eroici “tutori dell’ordine” e di esagerazioni o minimizzazioni a comando per pura convenienza spicciola? È possibile che non ci sia mai nessun bambino innocente che, come quello della favola sui “nuovi abiti del re”, dica semplicemente che il re è nudo?

di Carlo Crippa
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