Ecco perché i calabresi fuggono dalla propria terra e non tornano
Una scelta non a cuor leggero ma dettata dalle tante difficoltà che si incontrerebbero restando. Il problema principale di questa regione? I suoi abitanti
Ho letto con attenzione l’articolo a firma di Vitaliano Papillo, già instancabile Sindaco di Gerocarne, dal titolo "Lavoro, Papillo (Cisal Vibo): «Laureati in fuga dal Sud, servono interventi»". Spesso capita con Vitaliano di confrontarci sui problemi che riguardano la Calabria. Questa volta l’ho fatto privatamente e lo faccio anche pubblicamente perché, di lato, tirata in ballo.
Sono nata in Calabria. Ho studiato in Calabria. Ho studiato all’Università, come hanno fatto alcuni, in altra regione. Non sono, come tanti, più ritornata in Calabria.
Chi come me ha scelto di non tornare in Calabria ha fatto una scelta non a cuor leggero. Vai via con ricordi dell’infanzia spesso felice. Vai via lasciando i tuoi amici e affetti più cari. Vai via perché, tranne questo lato romantico e felice, hai chiaro in menti le altre tante difficoltà.
Ti lasci alle spalle, tranne eccellenze che ci sono e ne sono felice, scuole fatiscenti, strade e treni a volte inesistenti, coste attrezzate alla meno peggio.
Qualcuno potrebbe dirmi: ma non sei felice? Noi siamo rimasti autentici, antichi, identitari.
Certo, assolutamente sì, potrebbe la Calabria essere una meta ambita, una meta vergine, da scoprire, una specie di posto bohémien del tipo, senza strade, senza luce, senza ospedali, senza modernità, se non fosse che poi tutti questi posti, vedi Ibiza, sono fintamente hippy e bohémien, mentre invece hanno aeroporti perfettamente funzionati con voli da tutto il mondo che scaricano migliaia di turisti o visitatori come meglio preferite. Hanno ristoranti e lidi perfettamente organizzati e fintamente per hippy o poveri ma di poveri e di povertà ad Ibiza se ne vede veramente poca. Hanno servizi eccellenti per i turisti e visitatori ed infatti ogni anno attraggono migliaia di persone.
Quindi, premesso che la Calabria nessuno vuole che diventi una grande Ibiza, da niente a Ibiza ci dovrebbe essere una via di mezzo.
Via di mezzo che la Calabria non trova e anche se ottimista, non troverà mai e perché?
Per la mentalità dei miei corregionali.
Sarò franca, il problema in Calabria sono i calabresi.
Chiarisco immediatamente che non amo generalizzare e mi riferisco a “alcuni calabresi”.
Sono ospitali ma anche no. Sono aperti allo “straniero” se lo straniero fa quel che dicono loro. Cercano, non tutti, di “usare” le persone, non per un sano confronto ma solo per dire loro quanto sono bravi o per copiare (quei pochi bravi che lo sanno fare) qualcuno bravo se lo reputano tale, secondo loro, ovviamente. Cercano la “raccomandazione” di un medico, di un lavoro.
Gli altri cercano di barcamenarsi tra questa specie con fatica e sentendosi un po' cretini non amando questi atteggiamenti.
Poi ci sono quelli, i calabresi che se ne vanno e ci sono quelli che sono andati via e non torneranno.
Perché il lavoro non esiste, perché i sogni poche volte si avverano e se si avverano si avverano dopo tante curve, salite, discese e tante difficoltà, perché è tutto complicato e difficile che in altri posti.
Perché c’è quella testa dura mista ad orgoglio e chiusura mentale che spesso porta solo danni e nessun pregio.
Ciò che potrebbero essere delle belle caratteristiche invece nella pratica diventano un grosso limite.
I calabresi primeggiano, non lo dico io ma i dati che vengono fornite da appositi studi, ovunque ma non in Calabria.
In Calabria chi resta fa fatica a primeggiare chi è andato via spesso è visto come un Ufo, con un misto di invidia e stima.
Ed allora ogni mondo è paese direte.
Potrebbe essere un racconto di un milanese che non torna (non credo), di un romagnolo che non torna (non credo) se è un racconto, un’analisi schietta fatta da un calabrese espatriato (una calabrese in questo caso !!) fatevi una domanda e datevi una risposta. Noi che viviamo fuori ci diamo questa risposta. Spero di essere contraddetta coi fatti. Buona Calabria a tutti noi.