Servono concorsi stabili, incentivi economici e contratti attrattivi, combattere il clientelismo e affidrasi al merito
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Nel 2025 la sanità calabrese resta un'emergenza irrisolta. Carenza di medici, ospedali sovraffollati, fondi non spesi, mobilità passiva altissima: un sistema ormai allo stremo. Ma se il quadro è cupo, esistono possibili vie di risalita. Una di queste potrebbe essere quella dell'investimento sul personale locale.
La Regione deve smettere di affidarsi solo a soluzioni temporanee come i medici cubani. Servono concorsi stabili, incentivi economici e contratti attrattivi per trattenere i giovani medici calabresi e richiamare chi è emigrato.
Bisogna, inoltre, accelerare l’uso dei fondi del Pnrr.
È inaccettabile che nel 2025 solo il 5% dei fondi per le Case di Comunità sia stato speso. Serve un commissariamento tecnico dei progetti, con manager competenti e scadenze vincolanti per i Comuni.
La riqualificare le strutture esistenti è necessaria.
Accanto ai nuovi ospedali (ancora lontani dal completamento), bisogna ristrutturare quelli attivi, renderli sicuri, digitalizzati, e adeguarli agli standard moderni.
Ridurre la mobilità sanitaria. Con convenzioni interregionali più efficaci, si possono avviare centri di eccellenza anche in Calabria, evitando l’esodo verso Nord che costa milioni ogni anno.
Combattere il clientelismo e quelle che conosciamo come "raccomandazioni".
Le nomine apicali vanno affidate per merito, non per fedeltà politica. Serve un controllo esterno indipendente sulle ASL e sulle aziende ospedaliere.
I medici di base, oggi pochi e disorientati, devono essere messi al centro del sistema, con reti di supporto infermieristico, strumenti digitali e telemedicina.
Non si tratta di miracoli, ma di volontà politica, gestione trasparente e fiducia nelle competenze. La Calabria non ha bisogno di carità, ma di dignità. Anche e soprattutto in ospedale.