Dai successi regionali al possibile snodo del referendum sulla giustizia, il centrosinistra cerca una guida unitaria. Tra consenso popolare, profilo istituzionale e capacità di coalizione, Giuseppe Conte emerge come figura in grado di contendere il governo al centrodestra
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Dopo gli ultimi due successi in Campania e in Puglia, il centrosinistra si prepara al tanto atteso appuntamento delle elezioni politiche del 2027.
Nonostante il governo navighi apparentemente in buone acque, il referendum sulla giustizia previsto per la prossima primavera rappresenta uno snodo cruciale della legislatura. Un esito incerto potrebbe infatti non far dormire sonni tranquilli all’esecutivo.
A mio avviso, un’eventuale sconfitta nel referendum costituzionale sulla riforma della giustizia potrebbe aprire una crisi politica per il governo e per l’intero centrodestra nazionale. Al tempo stesso, questo appuntamento referendario rappresenterebbe una grande occasione per il cosiddetto “campo largo”, che potrebbe dimostrare come l’unità mostrata nelle recenti consultazioni regionali abbia prodotto risultati concreti.
Tuttavia, ciò che oggi manca realmente al centrosinistra è una figura unitaria alla guida della coalizione.
Le elezioni politiche del 2013 furono le ultime in cui il centrosinistra si presentò con un leader autorevole e riconoscibile a capo della coalizione, allora denominata “Italia. Bene Comune”. In quell’occasione, Pierluigi Bersani venne scelto attraverso le primarie.
Dopo quella tornata elettorale, non vi è mai stato un vero leader unitario: i vari segretari di partito sono stati di volta in volta leader delle rispettive forze politiche e, di fatto, candidati premier della coalizione.
Oggi, con la prospettiva concreta di costruire una vera alternativa di governo per il Paese, diventa necessario individuare una figura autorevole, dotata di un solido profilo istituzionale e capace di accompagnare la coalizione verso le elezioni del 2027.
Tra i leader attualmente presenti nel campo progressista, ritengo che la figura con il profilo istituzionale e professionale più adeguato a questo ruolo sia il presidente del Movimento 5 Stelle ed ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, forte anche di un consenso popolare significativo.
Conte è stato presidente del Consiglio dal 2018 al 2021 e, alla guida del suo governo, ha affrontato con determinazione la drammatica emergenza della pandemia da Covid-19 che ha colpito duramente il nostro Paese. In quell’esecutivo spiccavano figure di alto rilievo istituzionale come Lorenzo Guerini, Roberto Speranza e Dario Franceschini.
La figura di Giuseppe Conte, come già sottolineato, gode ancora oggi di un forte consenso popolare, in particolare tra i giovani, ed è secondo nei gradimenti soltanto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con uno scarto di pochi punti percentuali.
Va ricordato come, durante la pandemia, Conte si rivolgesse direttamente alla popolazione attraverso frequenti discorsi televisivi in diretta, caratterizzati da toni gravi ma percepiti come rassicuranti. Una comunicazione senza filtri, focalizzata sull’emergenza e sulla responsabilità collettiva, che ha contribuito a creare un forte legame emotivo con gli italiani, rafforzando l’idea di una comunità unita sotto la sua guida e accrescendo ulteriormente il suo consenso.
Un ulteriore punto di forza di Conte risiede nella chiarezza e nella trasparenza con cui definisce le alleanze. Il Movimento 5 Stelle, sotto la sua leadership, non accetta alleanze “a scatola chiusa” e spesso pone al centro dell’accordo una chiara agenda programmatica, basata su temi come la transizione ecologica, la sanità pubblica e la tutela dell’ambiente.
La principale figura che oggi potrebbe contendere la leadership del centrosinistra a Conte è la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che tuttavia registra una percentuale di gradimento inferiore, attestata intorno al 25-26%.
Un’alleanza di centrosinistra guidata da Giuseppe Conte sarebbe probabilmente ben accolta da forze come Alleanza Verdi e Sinistra, che guardano con favore al Movimento 5 Stelle. Una simile leadership potrebbe inoltre favorire un riavvicinamento di partiti come Rifondazione Comunista, che in alcune recenti competizioni regionali ha già scelto di allearsi con il centrosinistra.
Anche formazioni come +Europa potrebbero guardare positivamente a questa ipotesi, condividendo con il Movimento 5 Stelle sensibilità comuni sui temi ambientali e sui diritti civili. Il Partito Democratico, dal canto suo, potrebbe valorizzare le proprie migliori figure per contribuire in modo determinante alla coalizione, così come le forze centriste come Azione e Italia Viva, che potrebbero presentarsi nel 2027 sotto il cartello della cosiddetta “casa riformista”.
In conclusione, la potenziale leadership di Giuseppe Conte si fonda su un forte consenso personale e sulla capacità del Movimento 5 Stelle di proporsi come forza progressista indipendente, in grado di incidere sull’agenda politica sui temi sociali, ambientali e della giustizia.
Tuttavia, questa ambizione genera inevitabilmente una tensione costante con il Partito Democratico guidato da Elly Schlein. Il futuro del “campo largo” dipenderà dunque dalla capacità dei due leader di trasformare questa competizione in un fattore di mobilitazione e rafforzamento politico, anziché in un elemento di paralisi.

