L’incontro tenuto all’Aia lo scorso 25 giugno ha stabilito entro il 2035 un aumento delle spese militari al 5% del Pil di ogni Stato membro. Trump ha salutato la decisione come «vittoria per l’Europa e per la civiltà occidentale»
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NATO
È ormai noto che l’incontro Nato tenutosi all’Aia lo scorso 25 giugno ha stabilito entro il 2035 un aumento delle spese militari al 5% del Pil di ogni Stato membro (eccezion fatta per la Spagna). Certo, come specificato, di questo 5% una parte (3,5%) sarebbe da destinarsi alla spesa militare in senso stretto, mentre la restante parte (1,5%) sarebbe destinata ad aspetti connessi (cybersicurezza, tecnologie, rete dei trasporti, ecc.). La decisione è dunque coerente con quanto previsto dal piano ReArm Europe lo scorso marzo: la linea rimane quella per cui è necessario aumentare la spesa militare.
L’incontro Nato, tuttavia, si contraddistingue soprattutto per il ruolo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Questi saluta la decisione presa come «vittoria per l’Europa e per la civiltà occidentale». Un successo che Trump, senza troppi giri di parole, attribuisce a sé stesso, dichiarando: «Non so se è merito mio, ma penso che sia merito mio». In questo elogio, tuttavia, Donald Trump non viaggia da solo, perché ad appoggiare e lodare il presidente è stato lo stesso segretario generale della Nato, Mark Rutte. I messaggi privati di adulazione mandati da Rutte a Trump sono subito stati resi pubblici dal presidente degli Stati Uniti che,in tal modo, smaschera un certo piacere nel sentirsi elogiato.
In verità, per l’eccezione della Spagna, tutti i Paesi si sono mostrati consenzienti all’aumento della spesa militare, come richiesto da Donald Trump, adottando un atteggiamento di compiacenza e riverenza.
Il vertice Nato può quindi spiegarsi con due verbi: “amare” e “armare”. Amare Trump oltre quanto consentito dal buon gusto, e armare i Paesi oltre le loro reali possibilità finanziarie.
La differenza sta in una”r”. Ma questa “r” rischia di avere un prezzo troppo alto.