L’intervista

Autonomia differenziata, Orlandino Greco: «Il centrosinistra fa la vittima ma è il vero carnefice»

L’esponente di Italia del Meridione ricorda che fu il governo Amato nel 2001 a inserire nella Costituzione il concetto di “regionalismo differenziato”: «In 22 anni nessuno ha mai calcolato i Lep, ora si sta facendo. Ecco perché l’opposizione non è credibile»

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di Massimo Clausi
22 gennaio 2024
19:45

Orlandino Greco è leader di Italia del Meridione, un movimento politico che si sta radicando sempre di più e che ha al centro della sua riflessione politica la tutela del Mezzogiorno. La posizione di Idm rispetto al tema dell’autonomia differenziata, però, è meno scontata di quello che si potrebbe intuire. «Oggi in Calabria in tanti si agitano sul tema dell’autonomia differenziata - dice Greco - A me pare strano che persone come Falcomatà, Boccia o Schlein dopo essere stati i carnefici si elevino a paladini del Sud».

In che senso carnefici?
«Il Titolo V della Costituzione è stato modificato dal centrosinistra nel 2001. È stato allora che si è inserito il concetto di regionalismo differenziato dando sostanzialmente il via al dibattito sull’autonomia. Sono stati loro che hanno cancellato dalla Costituzione la parola Mezzogiorno dall’art. 119. “Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole, lo stato assegna per legge a singole regioni contributi speciali”, recitava il vecchio articolo. La parola Mezzogiorno è stata totalmente cassata per introdurre il fondo perequativo forse per non offendere il nordismo leghista».


Né Falcomatà né la Schlein erano al Governo, però…
«È vero però che la Schlein nel 2017 da vicepresidente della Regione Emilia Romagna chiedeva l’autonomia differenziata, ma non chiedeva soltanto le 23 materie delegate ma chiedeva a gran voce di averle tutte. Oggi si è messa a fare le barricate. Ma peggio ha fatto Francesco Boccia».

Cioè?
«Da ministro degli Affari regionali del governo Conte ha presentato una proposta di legge che prevedeva che in alcune materie i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) non erano necessari».

I Lep sono il vero nodo della questione…
«I Lep sono garanti dell’uguaglianza sostanziale. Sono strumenti di dignità sociale. Sono sinonimi del miglioramento occorrente e vitale. In quanto tali afferenti a tutte le materie che riguardano la quotidianità dei cittadini all’insegna della civiltà, che nel sud del Paese latita da diversi decenni. Anche qui è stato il centrosinistra a modificare l’art. 117 della Costituzione».

Vanno però calcolati per capire il divario fra Bolzano e Canicattì. Mi pare che il Governo abbia differito di un anno questo calcolo…
«Questa è una decisione che va analizzata in tutta la sua gravità in quanto vi è un anno in più per determinare i Lep, per fissare la sostenibilità finanziaria attraverso i costi e i fabbisogni standard e per stabilire la perequazione a sostegno delle Regioni a più basso gettito fiscale, come la Calabria. Questa è la solita proroga che graverà sulle spalle delle regioni più povere le quali, qualora dovesse passare il ddl Calderoli che ha già iniziato il suo iter parlamentare, non saprebbero quali materie scegliere, non sapendo quanti soldi sarebbero necessari per garantire le materie richieste. Dunque, quest’anno, sarà un anno di grandi difficoltà perché si stabiliranno le regole per come le Regioni potranno intervenire sull’autonomia. Però devo anche aggiungere che in 22 anni nessuno si era preso la briga di calcolare i Lep. Questo Governo ha invece istituito il Comitato per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, presieduto da un giurista di valore come Sabino Cassese, che ha fatto questo lavoro prendendosi la briga di analizzare i Lep non solo nelle 23 materie, ma su tutte. Dopo vent’anni quindi finalmente qualcosa si muove per cui sentire oggi Falcomatà scagliarsi contro un qualcosa che ha fatto la sua parte politica mi indigna e non poco».

Al di là di calcolarli però i Lep poi vanno finanziati…
«Nel 2001, la riforma del titolo V della Costituzione ha stabilito l’introduzione di un fondo perequativo da distribuire in modo equo agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento. Affinché anche questi avessero le risorse per garantire i servizi essenziali, nel tentativo di ridurre le disparità tra territori. Da qui la necessità di superare il criterio della spesa storica, attraverso l’introduzione di un nuovo indicatore: i fabbisogni standard. Non è detto che questo criterio penalizzi il Sud, anzi. Anche molti Comuni del Nord perdono risorse con il cambio di criteri di attribuzione delle risorse».

Poi c’è il fondo perequativo infrastrutturale… C’è chi dice che il Governo lo sta saccheggiando per finanziare il Ponte.
«Il tema del Ponte meriterebbe una intervista a parte, ma non voglio sfuggire dalla sua domanda. Allora le dico che è giusto mettere a produttività alcuni fondi che i Comuni non riescono a spendere. Perché non possiamo utilizzare in altro modo questi soldi?».

I Comuni, lo sa bene, sono pieni di guai…
«Lo so benissimo, faccio il sindaco! Però il Governo ha avviato una massiccia campagna di reclutamento che prevede l’assunzione di 2200 esperti proprio per il Pnrr. Per me il problema sta sempre nella classe dirigente che è scarsamente preparata. Né possiamo continuare ad utilizzare i fondi europei affidandoli alle grandi aziende di Stato come Rfi o Anas per aumentare la spesa. Alcuni investimenti dovrebbero farli direttamente loro, non ha senso finanziarli se non per aumentare la spesa, ma in questo caso chi fa la strategia di sviluppo della Calabria: la classe dirigente locale o i grandi manager di Stato?».

 

Giornalista
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