Il freno alla concorrenza

Balneari, il governo in un imbuto. La Calabria aspetta, con un numero di concessioni da record e un giro d’affari da 500 milioni di euro

Fitto pressa per le gare mentre Salvini frena (forse in attesa delle Europee). Operatori ancora spiazzati dall’incertezza delle regole. Sulle coste della regione 1.488 stabilimenti per 788 km: più del doppio rispetto a Sardegna e Sicilia

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di Massimo Clausi
4 gennaio 2024
13:14

La Calabria detiene un piccolo record che forse non tutti conoscono. Stiamo parlando delle concessioni balneari che nella nostra regione sono  1.488. Si dirà che è un numero giustificato dal fatto che siamo lambiti dal mare per un totale di oltre 788 km di coste. Ma questo è vero solo in parte se consideriamo che, in base ai dati forniti dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, regioni come la Sardegna a esempio (1849 km di coste) ha 674 concessioni per stabilimenti balneari, la Sicilia 680, regioni turisticamente all’avanguardia come la Puglia 968. Forse dalle nostre parti ai Comuni è scappata un po’ la mano nel rilasciare queste concessioni ma i numeri indicano quanto sia importante per la Calabria il dibattito che si è acceso intorno alla famosa direttiva europea Bolkenstein. Questa impone agli stati membri dell’Ue di mettere a gara le concessioni, nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza.

Una previsione che non trova le simpatie del ministro Matteo Salvini che, come si sa, si sa non ha grande feeling con l’Europa. Così nel corso dell’ultimo Consiglio dei Ministri ha proposto di prorogare di altri sei mesi la messa a gara delle concessioni balneari. Il cavillo giuridico riguarda una postilla contenuta nella direttiva in base alla quale le concessioni vanno messe a gara considerando la disponibilità della risorsa. Allo scopo il Governo è riuscito a prendere tempo istituendo una commissione presso il Mit con lo scopo di monitorare tutta la costa italiana per capire quanta spiaggia fosse libera. Nel Consiglio dei Ministri di tre giorni fa Salvini ha detto che i lavori non sono stati completati e che ci vorranno altri sei mesi per fare le gare. Qualcuno maliziosamente fa notare che fra sei mesi ci saranno le Europee e che il tentativo di Salvini è quello di mantenere, almeno fino ad elezioni, una linea sovranista.


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Sarà, ma intanto la sua affermazione ha fatto saltare sulla sedia il collega Raffaele Fitto. La Ue infatti ha già aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia sulle concessioni e l’ennesimo sgarbo a Bruxelles sarebbe davvero difficile da giustificare dopo lo strappo della mancata ratifica del Mes. Meloni quindi è preoccupata per l’andazzo anche perché nel frattempo le è arrivata la lettera del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, lo scorso 24 febbraio, nella quale si sollecitava l’urgenza di «una norma per il settore».

La situazione appare per ora in un imbuto con Lega e FdI che vorrebbero a tutti i costi tutelare chi ha oggi le concessioni. Giusto per avere un'idea del fenomeno va sottolineato che lo Stato italiano incassa dalle spiagge qualcosa come 103 milioni di euro. In Calabria le oltre 1400 concessioni danno lavoro a circa 15mila persone per un giro d’affari che è stato stimato approssimativamente in 500 milioni di euro.

La posta in gioco quindi è seria. Il Governo ora vuole giocare sul concetto della scarsità della risorsa e vuole un confronto con Bruxelles, per definire al meglio questo principio. In particolare spera di poter proporre una norma che preveda gare per gli spazi liberi, che il centrodestra ritiene abbondanti, blindando gli attuali titolari di concessioni, attraverso un cronoprogramma per le scadenze. Se il tentativo dovesse fallire, allora si aprirebbe l’altra strada, sostenuta da sempre da Fitto: fare le gare per tutti, ma con dei paletti per tutelare gli attuali concessionari.

La situazione resta quindi in stand by con ripercussioni sui servizi. I titolari di concessioni in questa situazione di incertezza non sono certo propensi ad investire sulle loro strutture sapendo che un domani potrebbero vedersi costretti a sbaraccare tutto. Visto che anche Bruxelles ci sta col fiato sul collo la scadenza dei sei mesi appare davvero troppo ampia. Serve una soluzione nel breve periodo.

Giornalista
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