Catanzaro, il “patto dei portaborse” che tiene in piedi la maggioranza di Abramo

Il sindaco del capoluogo resta saldo al comando nonostante le inchieste e gli scandali che hanno travolto il capoluogo. Ogni minaccia di sfiducia politica finisce a tarallucci e vino grazie anche agli incarichi distribuiti dagli “amici” alla Regione

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di Alessia Bausone
31 agosto 2020
11:54
Sergio Abramo
Sergio Abramo

Ne ha passate di tempeste politiche Sergio Abramo insieme ai suoi amici-nemici del notabilato del centrodestra catanzarese. Forse rimpiange l’epoca in cui Massimo D’Alema lo voleva leader della sinistra calabrese, e con una scelta di campo diversa non avrebbe forse mai incrociato la strada politica di Baldo Esposito e Mimmo Tallini che tanti grattacapi gli han provocato.

Le inchieste mantengono Abramo in sella

Sono state quisquilie per Abramo le inchieste Multopoli e Catanzaropoli, il cui processo penale (riunito), riguardante un presunto sistema che consentiva di annullare indebitamente numerose contravvenzioni agli amici degli amici. Certo, ha portato ad azzeramenti di giunta e ha contribuito a raggiungere la quota di 31 assessori (tra dimissioni, nomine e “turnover” vari) in cinque anni.
Superata, altresì, col suo silenzioso aplomb, la tempesta causata dalla recente inchiesta Gettonopoli sulle indennità e i gettoni di presenza indebitamente percepiti dai consiglieri comunali che ha fatto sì che il consiglio comunale del capoluogo venisse stigmatizzato in diretta tv nazionale (a Non è L’Arena di Massimo Giletti) come «il Consiglio più indagato d’Italia». Anche qui, giunta comunale azzerata e ritorno in grande stile con la costituzione di un maxi-gruppo consiliare che a lui fa riferimento e opposizione evaporata sull’Aventino. Un colpaccio.
Molto più difficile da mantenere e da gestire, invece, il rapporto con gli alleati che da anni vorrebbero liberarsi politicamente di lui e se lo ritrovano tassativamente in sella.


Quando Polimeni sparava a zero e Ncd flirtava col Pd

Marco Polimeni, figlio del notissimo giornalista “anti-casta” Lino, attuale presidente del consiglio comunale di Catanzaro e “delfino” a fasi alterne di Sergio Abramo fa parte del gruppo che fa capo all’ex senatore Piero Aiello, al presidente della commissione regionale sanità Baldo Esposito e, di riflesso, al gruppo dei fratelli Tonino e Pino Gentile.
Nel 2016, lo si ricorderà, era scoppiato l’amore tra il “loro” Nuovo centro destra ed il Partito democratico sul piano nazionale, con riflessi sul governo regionale a guida Mario Oliverio che offrì in dote la presidenza della commissione riforme proprio a Baldo Esposito. La novella «affinità elettiva» tra gli alfaniani e i democrat si sarebbe dovuta replicare alle comunali di Catanzaro del 2017, ma non se ne fece nulla perchè le anime del Pd calabrese avevano un obiettivo più urgente che governare il capoluogo: tentare di silurare lo “scomodo” consigliere regionale e “suo” candidato sindaco Vincenzo Ciconte, oggi passato col centrodestra.

In quel periodo il delfino Polimeni non gliele mandava a dire al sindaco Abramo. «Il modello Abramo è fallito», chiosava accusando l’ex sfidante di Agazio Loiero alla presidenza della Regione di fare «politica usa e getta» e, addirittura, «compravendita politica». «Il modello di amministrazione che perseguiamo è fondato su etica e morale che per noi rappresentano punti fermi e non punti di vista come invece accade per l’Amministrazione in carica attualmente», dichiarava Polimeni nel gennaio 2016 spiegando in cosa consisteva la (presunta) compravendita di Abramo: «Se stai con me, se condividi il mio percorso politico ti faccio entrare in giunta, ti do la possibilità di costruire il tuo consenso gestendo».
Accuse pesantissime, oggi messe sotto il tappeto (questione morale inclusa?) perchè lo scontro politico più aspro si è spostato nel rapporto con la Forza Italia del presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini.

Alle provinciali del 2018 schivata la “pugnalata” politica di Fi

È noto, nessun notabile del centrodestra voleva ricandidare Abramo alle comunali. Ben sapevano del suo “sogno” di riprovare a diventare presidente della Regione. Ecco che una sonora bocciatura alle elezioni dell’ottobre 2018 della “sua” provincia lo avrebbe sicuramente messo fuori dai giochi nell’allora gioco delle parti con Mario Occhiuto.
Anche qui, però, Abramo fiuta la pugnalata politica e vince di un soffio nei confronti dello sfidante del Pd Ernesto Alecci. Sulla graticola finiscono alcuni franchi tiratori, tra cui la vicepresidente del consiglio comunale Roberta Gallo che nel rigettare le accuse apertamente ammise l’esistenza di «accordi preelettorali per ridimensionare Abramo».
Anche qui, però, il tentativo fallì e la successiva “sfiducia” di Forza Italia ad Abramo del gennaio di quest’anno (a seguito del clamore mediatico di Gettonopoli) e l’ulteriore tentativo di “sfiducia” a Marco Polimeni hanno portato ad un nulla di fatto se non ad alimentare il “piano diabolico” dei silenziosi Fratelli d’Italia per rivendicare la prossima sindacatura nel 2022.

Il "patto dei portaborse" placa gli animi coi soldi pubblici

Mentre Abramo è riuscito alle ultime regionali ad inserire e a far eleggere il fedelissimo Filippo Mancuso nella Lega e ha creato il suo maxi-gruppo in Consiglio comunale (imbarcando anche l’ex capogruppo di Forza Italia Luigi Levato), Esposito e Tallini mantengono alta l’asticella della fedeltà politica nominando come portaborse i consiglieri comunali di Catanzaro.
La citata Roberta Gallo è stata nominata portaborse al 50% del portavoce di Mimmo Tallini, Gaetano Stagno. Quali siano i compiti del portaborse del portavoce rimane qualcosa di oscuro come gli autisti in smartworking, che solo in Calabria può accadere. Oltre a lei anche il consigliere comunale Andrea Amendola, pronto ad abbandonare la scialuppa forzista dopo la mancata elezione alle provinciali catanzaresi, è tornato a più miti consigli con un incarico di autista al 50% del presidente del Consiglio regionale. Presente in struttura anche l’ex vicesindaco e ora assessore comunale alla cultura Ivan Cardamone.
Per Baldo Esposito, invece, un “tutto in famiglia” avendo recentemente nominato portaborse il “figlioccio politico” Marco Polimeni, oltre a Francesco Lobello, padre dell’assessore comunale al turismo Alessandra Lobello e Alessio Mirarchi, figlio del consigliere comunale Antonio Mirarchi.
Insomma, il «patto del portaborse» regge finchè regge il bilancio regionale e Abramo per un altro anno e, nonostante tutto, può dormire sogni tranquilli.

Giornalista
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