L’intervista

Verso il congresso, Cuperlo: «Sì alle correnti se danno un contributo d’idee, no se rimangono filiere di comando»

Il deputato in corsa per la segreteria nazionale del Partito democratico domani sarà in Calabria. «In quindici anni abbiamo perduto sei milioni di voti, subito due scissioni e cambiato otto segretari. Dobbiamo concentrarci sui bisogni delle persone che non abbiamo più saputo rappresentare» (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Massimo Clausi
12 gennaio 2023
21:24
Gianni Cuperlo
Gianni Cuperlo

Gianni Cuperlo, l’ultimo segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, è l’outsider di questa corsa alla segreteria nazionale del Pd. L’ex deputato ha deciso quasi in zona Cesarini una candidatura che sembra occhieggiare soprattutto i bersaniani e in generale gli ex Ds. Qui in Calabria la sua mozione sta raccogliendo varie adesioni, ma la più clamorosa è quella di Mario Oliverio con l’ex governatore che potrebbe tornare nel partito. In vista dell’appuntamento che lo stesso Cuperlo ha organizzato per domani a Lamezia (ore 16,30 al Grand Hotel), lo abbiamo intervistato.

On. Cuperlo, come nasce la sua candidatura?
«Come risposta a una delusione che sentivo crescere per un congresso che non può ridursi soltanto a una nuova conta nei gazebo. In quindici anni abbiamo perduto sei milioni di voti, subito due scissioni e cambiato otto segretari, ma una vera riflessione sulle cause di tutto questo non c’è mai stata. Oggi al governo c’è una destra venata da pulsioni autoritarie e allora affrontare una discussione di verità sulle cause di questa crisi e su come ricollocare il progetto del Pd nella storia dei prossimi anni diventa decisivo. Io voglio provare a dare una mano spostando l’attenzione sui contenuti, sui bisogni delle persone che non abbiamo più saputo rappresentare e penso che questo aiuto possa servire anche agli altri candidati»


A proposito di persone, il numero degli iscritti al partito è calato drasticamente anno dopo anno. La sua proposta a chi si rivolge?
«A quanti credono che il Pd sia stata l’intuizione più coraggiosa delle culture riformiste Italiane nell’ultimo mezzo secolo, dalla sinistra storica al cattolicesimo democratico, dall’ambientalismo alla cultura delle donne e dei diritti. Sacrificare anche una soltanto di queste culture vorrebbe dire indebolire le radici del progetto. Ma ci rivolgiamo anche ai tanti delusi che dal Pd sono usciti e hanno smesso di votarlo. E ai moltissimi che oramai disertano le urne convinti che le stesse istituzioni della democrazia non abbiano più la forza di offrire risposte ai bisogni delle fasce più colpite dalla crisi e dalla pandemia».

Bene ma come pensa di recuperare la connessione sentimentale con il vecchio popolo di centrosinistra?
«Lei usa una citazione di Gramsci a cui la sinistra è molto legata. È l’idea di un partito che alimenta un senso di appartenenza. Oggi quel sentimento in larga misura non vive più e la prova da affrontare sta nel ricostruirlo. Il mio appello è ad usare le prossime settimane per avviare questa ricomposizione che passa anche dalla scelta di ciascuno di iscriversi al Pd e partecipare alla prima fase del congresso, quella dove i circoli discuteranno e voteranno le diverse piattaforme. Fare una discussione serena e libera credo possa essere il primo passo per raddrizzare la rotta»

Come pensa di risolvere il problema delle correnti interne?
«Ho appena parlato di una discussione franca, serena e libera dai condizionamenti di potentati e correnti. Le diverse aree e sensibilità dentro il Pd possono essere una ricchezza se tornano a produrre elaborazione, idee, proposte, non se rimangono filiere di comando per la distribuzione di posti. La mia idea del partito democratico è una comunità aperta, inclusiva, che non teme le differenze, ma le traduce in un punto di forza perché capace con i suoi gruppi dirigenti a ogni livello di fare una sintesi tra punti di vista diversi»

Ma nello specifico quali politiche immagina per evitare che il Pd sia superato a sinistra dal M5s e al centro da IV?
«Rispondere ai bisogni materiali di quella parte del paese che in questi anni è rimasta indietro e si è ritrovata in fondo alla fila o precipitata nel baratro della povertà. Questo significa alzare i salari che sono inchiodati nel nostro paese da più di trent’anni, introdurre un salario orario minimo a tutela di quelle categorie del lavoro che non hanno trovato risposta nei contratti nazionali. Significa un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile soprattutto nel mezzogiorno dove quel tasso di occupazione oggi fa la differenza in negativo. Vuol dire difendere la sanità pubblica e il diritto alla cura combattendo liste d’attesa infinite o le migrazioni sanitarie verso le regioni ricche del Nord. Significa affermare il diritto a una scuola pubblica di qualità e fare della battaglia per infrastrutture, mobilità, trasporti locali un altro diritto di accesso alla cittadinanza per chi oggi ne è privo. Se su questi e altri temi saremo all’altezza delle nostre parole allora raccoglieremo anche il consenso che nelle ultime stagioni abbiamo smarrito»

Cosa dice sui temi del reddito di cittadinanza e autonomia differenziata? 
«Il reddito di cittadinanza ha consentito a centinaia di migliaia di famiglie di non precipitare sotto la soglia di povertà. Il suo limite è stato sovrapporre il contrasto alla povertà con politiche attive per il lavoro che chiedono risorse aggiuntive per una riforma dei centri per l’impiego. La scelta del governo di togliere quel sostegno a ottocentomila famiglie è una decisione irresponsabile. Sulla proposta di autonomia differenziata avanzata dal ministro Calderoli la posizione è di una contrarietà netta. Quel disegno spaccherebbe l’Italia più di quanto non lo sia oggi con disuguaglianze tra Nord e Sud destinate ad accentuarsi. Quanto all’ipotesi di definire i livelli essenziali delle prestazioni sulla base della spesa storica non credo servano commenti per dire quanto sia una scelta che peggiorerebbe le ingiustizie di ora».

Che tipo di sviluppo immagina per il Sud?
«Questa è una risposta che chiederebbe ben altro spazio. Penso che le risorse del Pnrr siano una opportunità da non disperdere in mille rivoli, ma ancora una volta il tema investe le classi dirigenti nazionali. In Spagna gli investimenti per l’alta velocità sono partiti dalle aree più arretrate sul fronte delle infrastrutture, in Italia è accaduto l’opposto. Lo cito come un esempio di ciò che servirebbe oggi: la consapevolezza che spaccare l’Italia e acuirne le disuguaglianze è il modo per impoverire tutto il paese».

I sindaci sono le istituzioni di prossimità, ma anche quelle più esposte. Il ministro Nordio pare voglia affrontare il tema cosa ne pensa della riforma di cui si discute?
«I sindaci sono l’avamposto dello Stato nel rapporto con i cittadini. Nel nostro caso parliamo di amministratori capaci che affrontano quotidianamente un lavoro faticoso e mal pagato. Metterli nella condizione di agire nel pieno rispetto delle regole è la condizione per valorizzare una delle poche istituzioni che ancora gode della fiducia di una buona parte della società».

Altro assente dal dibattito congressuale il tema del garantismo. Lei ha il sostegno, fra gli altri,  di Mario Oliverio che è stato vittima di una errata azione giudiziaria. Cosa propone su questi temi?
«Penso che il garantismo debba essere un principio al quale la sinistra e il Pd non possono più rinunciare. Per una scelta di principio e perché non è affatto in contrasto con il rispetto della autonomia e indipendenza della magistratura. La vicenda di Mario Oliverio, al netto del prezzo pagato umanamente, ha prodotto la caduta di una giunta legittimamente eletta con un cambio della maggioranza politica alla guida della Regione. Penso che al netto della solidarietà a Mario Oliverio sia giusto interrogarsi su come preservare una autonoma responsabilità della politica».

Giornalista
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