Il faldone sulla fusione, conservato nella I Commissione Affari Istituzionali, non avrà un seguito. Il referendum del primo dicembre 2024 ha espresso un giudizio sulla classe politica che sosteneva la creazione del nuovo centro di governo
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Con il tramonto della XII legislatura e lo scioglimento del Consiglio regionale, tramonta anche il sogno di alcuni protagonisti degli scranni di Palazzo Campanella di dar vita alla città unica di Cosenza, Rende e Castrolibero. Per circa due anni, fino allo scorso dicembre, si è discusso sull’utilità della fusione e, soprattutto, sulle metodologie adoperate dalla Cittadella.
La proposta di legge firmata da otto consiglieri cosentini appartenenti alla maggioranza di Roberto Occhiuto, inizialmente indicava la data del primo febbraio 2025 per la nascita del nuovo centro di governo. Dopo un accordo con i consiglieri del Pd che aprirono all’idea del nuovo centro urbano da 110mila abitanti, “l’ora X” slittò di due anni al 2027. Tutto inutile, perché col referendum tenuto il primo dicembre 2024 i cittadini bocciarono il progetto.
I protagonisti
Come noto, l’iniziativa legislativa ha portato la firma di Pierluigi Caputo, Katya Gentile, Luciana De Francesco, Sabrina Mannarino, Pietro Molinaro, Pasqualina Straface, Giuseppe Graziano e Gianluca Gallo. Sponda Partito Democratico, invece, il capogruppo Mimmo Bevacqua e il consigliere Franco Iacucci spinsero per posizionare il partito e la Federazione provinciale, cosa che avvenne ufficialmente in una conferenza stampa a cui partecipò anche l’allora segretario Vittorio Pecoraro.
La campagna referendaria culminata con l’affermazione complessiva dei No (58,23%) ha vissuto momenti delicati. Definirla “cattiva” è addirittura un eufemismo per le terminologie ascoltate in comizi di piazza e per le parole lette nelle note recapitate alle mail redazionali con scadenze ossessive. I promotori dell’iniziativa legislativa e i supporter del Sì (tutti i partiti tradizionali meno il M5S) non sono riusciti a spoliticizzare il quesito.
Oppure, più semplicemente, è stato più bravo il fronte del No, nel frattempo costituitosi alzando barricate e riempiendole di contenuti, a tramutarlo in un referendum sulla classe politica che sosteneva i vantaggi della creazione del nuovo Ente. L’accusa maggiore, quella di aver imposto un percorso non condividendolo con i consigli comunali, di cui uno sciolto per presunte infiltrazioni mafiose, alla lunga è risultata quasi ininfluente.
La valanga dei No a Castrolibero (74,54%) e a Rende (81,43%) è stata invece un plebiscito per gli esponenti locali. Per il sindaco Orlandino Greco nel primo caso, per Sandro Principe e tutti gli altri politici rendesi, confluiti da destra a sinistra nel Comitato popolare indipendentista, nel secondo. Proprio da questo particolare momento, l’ex parlamentare è tornato al centro dello scenario politico regionale come testimonia la costituzione dell’Area Riformista per le Regionali ed ha stravinto a maggio le amministrative.
Un capitolo a parte merita Palazzo dei Bruzi dove la maggioranza è stata pressoché silente. Nessuno si è speso per il Sì, eccezione fatta per i tre consiglieri di “Democrazia e Partecipazione” fuoriusciti dal gruppo consiliare del Pd. Franz Caruso spiegò: «Dicono che non mi sia impegnato per il referendum? Certo che non mi sono impegnato, pur votando Sì. Io non ho condiviso il metodo e ho impugnato la legge omnibus nelle aule dei tribunali. Nessuno mi può dire di essere stato contro, perché noi crediamo nel progetto ma lo portiamo avanti in maniera diversa dal centrodestra senza imporre nulla».
Quella proposta di legge chiusa nel cassetto
La città unica di Cosenza, Rende e Castrolibero con la fine della legislatura Occhiuto è un progetto accantonato, mandato al tappeto dall’astensione record registrata nell’area urbana e dal plebiscito dei No fuori dai confini del capoluogo. Dopo il giudizio delle urne, il faldone è stato riposto nell’armadio della I Commissione Affari Istituzionali della Regione Calabria presieduta da Luciana De Francesco. Situazione, questa, che a più riprese è stata utilizzata per tenere alta l’attenzione da parte dei pasdaran del No.
Da segnalare che Fratelli d’Italia, in uno dei tanti distinguo silenziosi dai cugini di Forza Italia, si affrettò ad evidenziare come il giudizio della gente fosse sovrano. Come dire: non era roba nostra e la questione è chiusa. Anche Roberto Occhiuto, in una sortita televisiva su LaC durante “Dentro la Notizia” mise le mani avanti prima del voto. «Non era nel mio programma, ma mi sembra una cosa buona» affermò. Di sicuro non la inserirà in quello che il prossimo 5 e 6 ottobre presenterà ai calabresi per farsi rieleggere.