Palazzo Campanella

Il “consigliere supplente” già bocciato nel 2014, ma allora andava bene anche a chi oggi grida allo scandalo

35
di Claudio Labate
15 novembre 2022
20:46

Il progetto di legge relativo alla “Introduzione dell’incompatibilità tra la carica di Consigliere e la carica di Assessore regionale” depositata dai capigruppo di maggioranza, Giacomo Crinò (Forza Azzurri), Giovanni Arruzzolo (Forza Italia), Francesco De Nisi (Coraggio Italia-Italia al Centro), Giuseppe Graziano (Udc) e Giuseppe Neri (Fratelli d’Italia), non è una novità a Palazzo Campanella.

Lo hanno già fatto notare i più attenti osservatori delle vicende consiliari regionali, e lo ha ripetuto anche il gruppo del Partito democratico, e successivamente del Movimento 5 stelle, sottolineando che la figura del consigliere supplente era già stata impugnata dal governo nazionale per diversi profili di incostituzionalità al momento della sua proposta, nel 2014, dopo le dimissioni di Giuseppe Scopelliti, dalla maggioranza di centrodestra. La norma infatti venne ritirata.


Una legge di revisione statutaria

Sarebbe interessante capire qual è il fine ultimo della maggioranza di centrodestra, anche se è facile immaginarlo. Formalmente, i proponenti sostengono che il provvedimento, che è a carattere ordinamentale, va visto in un'ottica di separazione tra potere legislativo e potere esecutivo. Ma il contenuto non è dissimile da quella legge del 2014 che fu impugnata dalla Corte Costituzionale. Solo che quella legge – “Modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale 19 ottobre 2004, n. 25”, lo Statuto della Regione – era un Testo di revisione statutaria approvato con 2^ deliberazione consiliare ai sensi dell'art. 123 della Costituzione.

La Corte costituzionale impugnò l’art. 2 che prevedeva che la sospensione dall'incarico del consigliere regionale nominato assessore, comportasse il temporaneo affidamento della supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti.

Per la Consulta La previsione era in contrasto con: l'art. 122, comma 1 della Costituzione, poiché inciderebbe sulla materia elettorale, rispetto alla quale non residuano margini di determinazione per l'autonomia statutaria regionale; e l'art. 67 della Costituzione, per violazione del divieto di mandato imperativo, in quanto il meccanismo di supplenza che affida temporaneamente l'esercizio delle funzioni del consigliere-assessore al primo dei candidati non eletti della stessa lista determinerebbe la revocabilità del consigliere supplente da parte del supplito, ove questo cessi dalle funzioni di assessore.

Consenso bipartisan

Passa il tempo e cambiano le circostanze, ma chi grida oggi al lupo al lupo in realtà, come spesso accade, all’atto pratico non ne prese decisamente le distanze. L’astensione d’altra parte è un istituto utilizzato spesso in questa legislatura dalle opposizioni che oggi parlano di un atto «fuori dalla realtà».

Basti ricordare che il testo legislativo in questione fu approvato in prima lettura dal Consiglio regionale con deliberazione n. 391 del 31 marzo 2014 con il seguente esito: Consiglieri assegnati 50, maggioranza assoluta 26, presenti e votanti 43, a favore 28, astenuti 15.

Non bastò però questa votazione e il testo legislativo venne (ri)approvato in seconda lettura dal Consiglio regionale con deliberazione n. 393 del 3 giugno 2014 con il seguente esito: Consiglieri assegnati 50, maggioranza assoluta 26, presenti e votanti 49, a favore 30, contrari 1, astenuti 18.

La delibera terminava con un “avviso”: entro tre mesi dalla data di pubblicazione della deliberazione statutaria sul Burc, almeno un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale possono chiedere che si proceda al referendum popolare a norma dell’articolo 123 – terzo comma – della Costituzione e dell’articolo 2 della legge regionale n. 35 del 10 dicembre 2001.

Processo estinto

Nella sentenza n°238 depositata nell’ottobre del 2016 si fa notare che “trascorsi tre mesi senza che fosse stata presentata domanda di referendum confermativo, il Presidente della Giunta regionale ha promulgato la legge n. 18/2014 («Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25 − Statuto della Regione Calabria») ed ha adottato un atto di annullamento parziale dell'atto di promulgazione della medesima legge di revisione statutaria, limitatamente alla lettera c) dell'art. 2, comma 1 impugnato.

La disposizione censurata è poi stata definitivamente abrogata dalla legge della Regione Calabria n. 15/2015 («Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25 – Statuto della regione Calabria») e non ha mai trovato applicazione medio tempore.

La Corte così concludeva: «Dichiara estinto il processo a seguito di rinuncia delle parti per il venir meno delle ragioni dell'impugnazione».

GUARDA I NOSTRI LIVE STREAM
Guarda lo streaming live del nostro canale all news Guarda lo streaming di LaC Tv Ascola LaC Radio
top