Il 26 maggio scorso Cetraro ha voltato pagina, puntando su Giuseppe Aieta, già sindaco e consigliere regionale. Una sorta di “usato sicuro” su cui hanno puntato il 65% dei cetraresi, ma in un momento storico ancora una volta difficile per la comunità tirrenica, dopo un omicidio compiuto in concomitanza con l’appuntamento elettorale e l’incendio doloso ai mezzi del servizio di raccolta dei rifiuti.
Di questo ed altro – anche radendo al suolo il Partito democratico – ha parlato Aieta, ospite di Pier Paolo Cambareri e Salvatore Bruno nell’approfondimento giornalistico Dentro la notizia andato in onda oggi alle 13 su LaC Tv (rivedi qui la puntata).

Non prima, però, di aver analizzato il voto. «Quello di aver ottenuto il 65% delle preferenze – ha esordito il sindaco di Cetraro – è stato un dato inaspettato, a distanza di dieci anni dalla mia ultima volta in Comune. È un dato forte, un segnale della città. La candidatura è stata voluta dai cittadini che ogni giorno chiedevano un mio impegno diretto, anche per varie vicissitudini di una città che da locomotiva è diventata vagone. Con l’auto delle forze politiche, dei movimenti, delle espressioni professionali – ha commentato – abbiamo fatto centro. Questa vittoria, però, proprio per le sue dimensioni ci caricano di responsabilità. A Cetraro negli anni abbiamo realizzato tante belle cose, il porto, il museo, il teatro, le biblioteche, le piazze e questo è stato un riconoscimento da parte dei cittadini».

«Il Pd? Partito da caminetti, i dirigenti non hanno visione»

Ex piddino, l’amministratore tirrenico non si è sottratto dall’analizzare anche le vicende che sta attraversando il Pd. Puntando il dito contro la classe dirigente.
«Il Pd sta annaspando ovunque, ha un problema che si porta dietro da quando è nato – ha sottolineato Aieta – cioè è ostaggio di caminetti e salotti ovattati. La politica è una scienza quasi esatta: ciò che non si governa ti ritorna contro. Il Pd sta implodendo, non è presente a Cetraro, non è vincente a Rende, non lo è a Paola. Io l’ho lasciato quando c’era Renzi al 40%, era un Pd che aveva aderito alla grande famiglia dei socialisti europei».
Aieta non disdegna di fare nomi. «Ci sono dirigenti di altissimo livello come Nicola Irto che devono risolvere paradossi e incomprensioni, ostaggi di una dirigenza che non ha visione, che perde dappertutto, con non coltiva il rapporto con gli amministratori locali. Ma dove vuole andare – è stato molto critico il “neo” sindaco di Cetraro – un partito popolare, democratico, se non fonda le sue radici sui municipi?».

«Di Cetraro si fa una narrazione errata»

«Ho chiesto ai miei sostenitori di non festeggiare dopo le elezioni – ha aggiunto sollecitato dalle domande in studio – anche perché una grande festa la faremo tra cinque anni se avremo governato bene».
«Gli atti criminali? Ad ognuno il proprio ruolo, a me spetta amministrare, alla magistratura quello di fare chiarezza. Cetraro è stata investita da inchieste della Dda con sentenze importanti. Finita l’inchiesta, però, l’ordinarietà non si è vista; negli anni dal consiglio comunale abbiamo lanciato spesso dei segnali. C’è stata una sottovalutazione del fenomeno da parte degli inquirenti ordinari che ha deciso di convogliare le proprie forze più sui reati della pubblica amministrazione – ha detto ancora Giuseppe Aita nel corso di Dentro la notizia – che hanno colpito amministratori ed intere famiglie».

«Questa città ha sempre combattuto la mafia, non è una città di mafia, e le istituzioni sono state un argine contro la presenza pervasiva della criminalità organizzata – ha concluso Aieta –. È paradossale, però, che l’immagine di Cetraro sia distorta, un’immagine descritta come una cappa, anche se qui ci sono istituzioni con la schiena dritta. E quella nube che si addensa, ogni volta ci fa compiere mille passi indietro per restituire e ricostruire la vera immagine della città».