La possibile presidenza del consiglio a Bevilacqua smaschera l'accordo sottobanco in sede di ballottaggio. Con tutto quello che questo comporta...
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Vincere si può vincere. Non è impresa titanica e le urne quelle cose. Spesso generose. Convincere lasciamo perdere, merce rara dalle nostre parti.
Iniziare però senza pubblici accoltellamenti dovrebbe essere il minimo per una cordata elettorale che ha appena conquistato una delle più importanti città di Calabria, Lamezia Terme.
E invece niente. Si traccheggia, si palleggia, si perde e si prende tempo. Dai sorrisi a pieni denti delle prime ore e dei primi giorni si plana sui visi contorti e rattrappiti, evidentemente tesi.
Il perché non è difficile da decodificare. La "mina" Bevilacqua è venuta in superficie ben prima del previsto. Molto prima. Al punto da calare sul tavolo e da subito la più prestigiosa delle rivendicazioni. La presidenza del Consiglio. Più che una prospettiva, una cambiale che va all'incasso e che sveste senza più timidezze quello che poi è sotto gli occhi di tutti. Il lunedì del ballottaggio Bevilacqua ai suoi indicazioni di voto ne ha date. I numeri di quel giorno e la "cambiale" di oggi questo raccontano.
Poco male, si dirà. Si pesca nello stesso lago ma qui rischia di andare sopra vento la zattera di Forza Italia, che minaccia per paura di venire capovolta. Della serie, non è bastato dirsene e darsene di santa ragione per scongiurare la "mina" Bevilacqua?
Evidentemente no, e solo loro sanno perché.
I venti caldi e di tempesta che si ammirano attorno alla Cittadella, ormai quartier generale delle fiamme gialle, consigliano prudenza e meno subalternità a logiche regionali di partito. Tutto sommato per la non tristezza di Pino Galati. Ad onor del vero, e senza offesa per nessuno, qualcosa di simile al vero sindaco in campo.
Galati forzerà la mano usando Bevilacqua mettendo ordine tra alleati? O ripiegherà? O da Lamezia prende genesi un progetto tutto nuovo e pronto per le (imminenti) regionali?