Domani alle 10 si riunirà il consiglio provinciale di Cosenza. Fra i punti all’ordine del giorno c’è l’approvazione del rendiconto 2024 e l’adozione della procedura di riequilibrio. Si tratta dell’anticamera del dissesto per l’ente, qualora la Corte dei Conti bocciasse il piano di riequilibrio. Il rendiconto 2024 fa infatti registrare un disavanzo monstre di oltre 82 milioni di euro. 82.686.980,95 euro per la precisione.

Certo per molti non si tratta di una sorpresa visto che da tempo i principali indici di bilancio erano in negativo. Sei parametri su otto superano le soglie critiche stabilite dalla normativa. Bisogna considerare che il campanello d’allarme scatta quando solo quattro dei parametri (fra cui il fondo contenzioso, il fondo crediti di dubbia esigibilità, la disponibilità di cassa ecc.) superano un certo livello. La denuncia arriva dalla Cgil che in una nota, fra le altre cose, denuncia come il bilancio di previsione è ormai scaduto il lontano 28 febbraio 2025.

«A farne le spese, ancora una volta, sono i lavoratori: salari accessori non erogati, compensi bloccati, e una macchina amministrativa ridotta al minimo. I dipendenti attendono da mesi il pagamento di emolumenti già maturati, previsti per legge, come straordinari, indennità e premi di produttività». Lo affermano la Cgil Cosenza e la Fp Cgil Cosenza

«A scorrere i capitoli di spesa emerge un quadro inquietante: incarichi esterni milionari, consulenze discutibili, progetti incompiuti ma lautamente già pagati. In parallelo, nessuna strategia credibile di risanamento è mai stata adottata - conclude la Cgil - La gestione dei flussi di cassa appare approssimativa, mentre la politica locale sembra aver privilegiato il consenso alla sostenibilità. Una situazione che rende l’arrivo di un commissario straordinario per rimettere ordine nei conti non più solo un’ipotesi, ma una reale possibilità. Il dissesto, se ufficializzato, non sarà solo un termine contabile: vorrà dire tagli, sospensione di pagamenti, blocco del turnover, alienazione del patrimonio pubblico. Ma soprattutto, significherà per i cittadini un ente svuotato di funzioni, di autorevolezza e di fiducia».

Ma ancora più pesante è il sindaco di Acri, Pino Capalbo, consigliere provinciale in quota Pd. L’amministratore entra nel dettaglio dei numeri. «Il fondo crediti di dubbia e difficile esazione risultava da rendiconto 2023 di circa 3.300.000,00 a fronte di residui attivi di parte corrente di oltre 50 milioni di euro con una percentuale di accantonamento di appena il 6,6% ben lontana da quelle che sono le previsioni normative ovvero circa l’80% . Quest’anno infatti il fondo crediti miracolosamente diventa di 50 milioni di euro circa, su 59 milioni di residui attivi rispettando così la percentuale prevista per legge quindi era evidente per come confermato dal documento contabile 2024 la sottostima da me fatta rilevare in consiglio provinciale . Ma vi è di più lo scorso rendiconto anno 2023 i parametri di deficitarietà strutturale non rispettati erano tre su 8 ma un 4 parametro portato come rispettato in realtà non lo era perché l’anticipazione di tesoreria non risultava integramente restituita a fine esercizio per circa 10 milioni e pertanto anche questo parametro non doveva considerarsi rispettato. Il mancato rispetto di 4 parametri su 8 e non tre poneva l’ente contrariamente a quanto affermato dalla maggioranza in condizioni di deficitarietà strutturale con tutte le conseguenze di legge ossia non si potevano fare assunzioni , conferire incarichi di consulenza senza l’approvazione della COSFEL commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali , oltre alla percentuale di copertura dei servizi. Inoltre il fondo di garanzia per i debiti commerciali, altro indicatore, risulta a mio avviso ampiamente sottostimato in quanto dai documenti contabili che mi sono stati inviati l’importo accontentato sul totale dei pagamenti effettuati nell’anno si presenta a dir poco irrisorio, stessa sorte per il fondo liti che continuo a ribadire essere sottostimato».

«La conclusione - chiude Capalbo - è che l’ente Provincia come avevo anticipato lo scorso anno è in dissesto e il ricorso alla procedura alternativa del riequilibrio ne è la prova provata e qualora non dovesse ricevere l’approvazione della corte dei conti produrrà automatica dichiarazione di dissesto. Ci dispiace essere stati facili profeti , abbiamo proposto correttivi e attenzione sulle spese ma siamo rimasti una voce isolata aggiungo con dispiacere non ripresa e sostenuta nemmeno dal Pd provinciale che si è disinteressato di come veniva amministrata la Provincia di Cosenza».

Insomma una denuncia politica pesante, che non risparmia nemmeno il suo stesso partito e quei sospetti di trasversalismo o almeno di non belligeranza che hanno accompagnato l’elezione di Rosaria Succurro.