Sei consiglieri comunali su undici erano pronti a dimettersi ma alla fine il presidente del consiglio Marcello Giannini (Pd) ci ha ripensato. La caduta del primo cittadino avrebbe determinato anche il suo addio all’Amministrazione provinciale
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L’Andolina highlander. Il presidente della Provincia di Vibo si sta guadagnando sul campo i galloni di “immortale” e riesce a schivare un nuovo missile Tomahawk. Dopo aver incassato martedì scorso, senza fare un plissé, le dimissioni di 7 consiglieri provinciali su 10, con la conseguenza che si dovrà andare a nuove elezioni entro 3 mesi (ma lui, grazie alla legge Delrio, resta in sella), questa volta il pericolo era più insidioso: 6 consiglieri comunali su 11 di Zambrone, Comune di cui è sindaco, pronti a dimettersi. Insomma, il piano era sfiduciarlo per far venire meno anche la sua carica di presidente della Provincia, che ricopre proprio in quanto amministratore di un Ente comunale vibonese.
Era l’arma “fine del mondo” di chi da tempo (praticamente tutti, anche il suo partito, Fi) chiede che lasci il timone dell’Amministrazione provinciale e invece si è rivelata una “fetecchia”, come si dice a Napoli che di fuochi artificiali se ne intendono. Era tutto pronto questa mattina: sei consiglieri comunali disposti a firmare per dimettersi e concludere così la Consiliatura, con tanti saluti a L’Andolina sindaco e presidente della Provincia.
I ribelli erano per la maggioranza Nicola Grillo (vice sindaco) e Mariana Iannello, per la minoranza Mariella Epifanio, Fabio Cotroneo, Amelia Conca e il presidente del Consiglio comunale Marcello Giannini (Pd). Ok, ci siamo tutti?, si sono detti. No. All’appuntamento non si è presentato proprio l’esponente del Partito democratico, Giannini. A quanto pare L’Andolina esprime un fascino irresistibile sui dem, visto che anche alla Provincia, a suo tempo, ha portato dalla sua parte Nicola La Sorba, nominato vicepresidente contro il volere del suo partito e per questo, poi, espulso dal Pd. E se tanto ci dà tanto, forse per Giannini è pronta la carica di vicesindaco.
Alla fine, dunque, il “golpe” è saltato e (per ora) i dissidenti se ne sono ritornati a casa con la coda tra le gambe. Certo, forse un minimo di coerenza politica in più avrebbe imposto ai cinque di dimettersi ugualmente, anche se questo non avrebbe buttato giù il sindaco. Invece hanno rinunciato masticando amaro e spegnendo i telefoni. Chiamarli era inutile, al massimo rispondeva Iliad.
Ora si attende un colpo di coda, che a denti stretti promettono ci sarà. Per ora i fatti danno ragione all’highlander della politica vibonese che sembra mettere tutti nel sacco continuando a dire: prova a prendermi!