Eugenio Giani sorride come un gatto davanti alla ciotola piena. In Toscana il “campo largo” è salvo: il Movimento 5 Stelle ha detto sì alla sua ricandidatura, e il governatore può tirare un sospiro di sollievo. Non che avesse paura di perdere: lo sapevano tutti che avrebbe corso lo stesso, con o senza i grillini. Ma avere il loro via libera fa curriculum, e soprattutto consente a Elly Schlein di sventolare il vessillo dell’unità contro le destre. Giuseppe Conte, dal canto suo, aveva già rassicurato la segretaria: nessun tranello, il M5S non avrebbe rotto. E così è stato. Al Nazareno festeggiano, Giani ringrazia e Filippo Sensi, senatore riformista, sintetizza: «La pazienza enorme infinita di Giani».

Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché se in Toscana il matrimonio si è celebrato, in Puglia si rischia il divorzio ancor prima di fissare le nozze. Qui la partita è ben più spigolosa. Antonio Decaro, ex sindaco di Bari e uomo forte del Pd pugliese, ha posto una condizione chiara a Schlein: «Niente candidatura di Michele Emiliano». Parole secche, senza giri di frasi. Per lui, fare campagna elettorale al fianco dell’attuale governatore sarebbe un suicidio politico: «Come posso parlare di rinnovamento se cammino insieme a lui?».

Il problema è che Emiliano, funambolico ex magistrato, non sembra intenzionato a farsi da parte. Gli era stato promesso un seggio in Parlamento alla prossima tornata nazionale, ma l’idea di lasciare la guida della Puglia senza combattere non lo entusiasma. E Schlein? Non pare avere nessuna voglia di affrontarlo a muso duro. Così ha spedito Francesco Boccia giù al Sud, con il compito ingrato di fare da mediatore tra due galli nello stesso pollaio.

Il presidente dei senatori dem ha messo sul tavolo la sua proposta: Decaro si candida, Emiliano aspetta che sia Conte a mettergli il veto quando il “tavolo dei partiti” si riunirà. Una mossa che, nelle intenzioni, dovrebbe evitare che la segretaria si sporchi le mani. Peccato che per Decaro non sia abbastanza: il via libera di Conte è solo una garanzia politica, lui vuole un impegno scritto che Emiliano non si presenterà.

La soluzione che si sta studiando nei corridoi del Pd è quasi da manuale della Prima Repubblica: dare a Emiliano un posto da assessore nella futura giunta Decaro, ma soltanto a urne chiuse, così da toglierlo dalla corsa senza togliergli del tutto il potere. Un compromesso che farebbe felice anche Conte, visto che il governatore pugliese è capace di pescare voti pure nel bacino grillino. Ma il tempo stringe e il rischio è che la Puglia diventi il buco nero del “campo largo”.

Intanto, altrove, le partite si chiudono. In Campania, ad esempio, la scelta di Roberto Fico come candidato non è stata farina del sacco di Conte, ma del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, deciso a ritagliarsi uno spazio nazionale. Schlein ha detto sì subito, convinta anche dall’idea di mettere Piero De Luca a capo del Pd regionale, in modo da tenere sotto controllo sia lui che il padre. In politica, la fiducia è un concetto sempre relativo.

Ma il nodo pugliese resta. Decaro scalpita, Emiliano resiste, Schlein temporeggia. Tutti aspettano Conte, che nel frattempo misura il peso politico della sua eventuale mossa. Il “campo largo” è un cantiere perennemente aperto, dove ogni regione ha il suo ingegnere e il suo muratore. In Toscana il tetto è stato messo, in Campania i mattoni sono allineati. In Puglia, invece, il cemento non è ancora arrivato, e c’è il rischio che il cantiere resti fermo, con le ruspe a rugginire sotto il sole.