L’associazione dei magistrati promette battaglia fino al referendum costituzionale. Per Conte (M5s) si garantisce così impunità ai potenti. Irto (Pd): «Governo vuole mettere la magistratura sotto il controllo del potere politico». Intanto Meloni parla di un primo passo verso una modernizzazione del sistema giudiziario
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Secondo via libera del Parlamento alla riforma della giustizia. Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni, l'aula del Senato ha approvato il disegno di legge di revisione costituzionale sulla separazione delle carriere della magistratura, tra pm e giudici. Tornerà alla Camera (dove era stato approvato il 16 gennaio scorso) per il terzo step e successivamente al Senato.
Proteste in aula al momento del voto, con le opposizioni hanno mostrato cartelli contro la riforma. In aula il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
«La riforma costituzionale approvata oggi toglierà garanzie ai cittadini, questa è la nostra principale preoccupazione. Ed è chiaro che l'intento di questa riforma sia quello di avere una magistratura addomesticata e subalterna, che rinunci al proprio compito di controllo di legalità». Lo afferma la Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati, che aggiunge: «Nel pieno rispetto del voto odierno e in attesa dei successivi passaggi parlamentari previsti dall'articolo 138 della Costituzione continueremo a intervenire nel dibattito pubblico per argomentare con convinzione e determinazione le ragioni della nostra contrarietà a questo disegno di legge. Lo faremo nei prossimi mesi e lo faremo fino al referendum».
«L'approvazione in seconda lettura al Senato della riforma costituzionale della giustizia, segna un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione». Lo afferma sui social la premier Giorgia Meloni. «Il percorso - aggiunge - non è ancora concluso, ma oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all'Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente».
«Il voto in Senato sulla separazione delle carriere – dice Nicola Irto, senatore e segretario regionale del Pd – conferma la volontà del centrodestra di svilire l’autonomia della magistratura per controllarla politicamente. Si tratta di un attacco frontale all’equilibrio costituzionale dei poteri, contro cui il Partito democratico ha espresso un dissenso netto, forte e argomentato. Crediamo nell’equilibrio tra i poteri dello Stato e in una giustizia indipendente, imparziale e vicina ai cittadini. Perciò, continueremo a batterci per il rispetto dei contrappesi costituzionali e le garanzie fondamentali».
Il leader di ItaliaViva, Matteo Renzi, sui social scrive che in aula gli hanno impedito di terminare il suo discorso, ma l’iter parlamentare è ancora lungo e l’ex premier promette «ne vedremo delle belle»…
«Processi lumaca, precari a rischio nei tribunali, app per il processo telematico che hanno creato caos, disagi e file per settimane, criminali che scappano prima dell’arresto perché con la riforma Meloni-Nordio vengono avvertiti, borseggiatori impuniti perché senza la denuncia del derubato forze dell’ordine e tribunali non possono fare niente». Questo il commento del leader del M5s, Giuseppe Conte
«Ovviamente questi non sono problemi da risolvere per il Governo Meloni perché sono i problemi dei comuni cittadini. Molto più importante mettere il guinzaglio ai magistrati, proteggere politici e potenti dall’azione dei tribunali e realizzare il sogno di Licio Gelli e della P2: è per questo che poco fa hanno approvato la separazione delle carriere al Senato. Hanno in testa – conclude Conte - un disegno ben chiaro: i pubblici ministeri superpoliziotti sotto la sfera di influenza e di condizionamento del Ministro della Giustizia di turno, meno garanzie per i cittadini comuni, più impunità per qualche potente privilegiato. Una giustizia su misura per chi conta, per chi ha il potere in mano: ingiustizia è fatta».