Un silenzio assordante. Mentre Matteo Salvini insiste col suo attacco quotidiano ad Emmanuel Macron (è troppo «permaloso, ci vada lui in Ucraina» una delle ultime uscite), dal partito di Giorgia Meloni non arriva nemmeno un fiato.
I telefoni squillano a vuoto, l'ordine di scuderia è di lasciare correre, anche se c'è chi è pronto a scommettere che la presidente del Consiglio, protetta da vacanze top secret in valle d'Itria, sia "nera" per le incursioni dell'alleato. E non solo perché la politica estera è competenza di Palazzo Chigi e della Farnesina, come non smette di ricordare Forza Italia, ma anche perché il momento è assai delicato sul fronte internazionale, e i rapporti tra Italia e Francia – più volte è servito l'intervento del Colle – sono stati da poco ricuciti, con un equilibrio sempre sul filo.

Certo, a fare salire i toni dello scontro ci hanno pensato anche i francesi, osservano nella maggioranza. C'è chi ricorda attacchi al governo italiano da parte di ministri francesi in passato che non hanno sortito lo stesso effetto.
Nel corso del confronto tra il governo di Parigi ed Emanuela D'Alessandro (ex consigliera diplomatica di Mattarella), dal poco che filtra, sarebbero stati ribaditi, con toni tesi a rasserenare, i rapporti «costanti e cordiali» non solo tra la presidente del Consiglio e il presidente francese, ma anche tra il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il suo omologo d'Oltralpe Jean-Noël Barrot.

I due si parlano «a lungo» peraltro giusto in vista del G7 in una telefonata – concordata con la premier – per "coordinare" le posizioni su Ucraina e Medio Oriente (e una analoga si registra anche con il collega tedesco Johann Wadephul).

Il tutto per cercare di chiudere rapidamente un incidente che invece la Lega non accenna a lasciare cadere. «Se Macron smentisce la volontà di invitare soldati europei a combattere in Ucraina, problema chiuso», attacca di buon mattino il presidente dei senatori Massimiliano Romeo. Stesso messaggio del capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, che puntualizza il "no" leghista a "qualsiasi escalation", che rischierebbe di essere innescata dall'invio di truppe sul terreno.

E mentre le opposizioni esprimono tutta l'indignazione per le esternazioni del vicepremier che «discreditano l'Italia», la querelle rimbalza anche al Meeting di Rimini. Dove Maurizio Lupi, padrone di casa, cerca di gettare acqua sul fuoco, bacchettando i toni «sbagliati di Salvini» ma facendo presente che il «no alle truppe» è la posizione del governo italiano.

Lo stesso che prova a fare anche il ministro Matteo Piantedosi, osservando che Salvini certo usa «una terminologia molto forte» ma parla «da leader politico» e i suoi messaggi «in democrazia sono legittimi e leciti».

Che siano anche opportuni, è il pensiero che circola tra gli alleati, è però tutto un altro paio di maniche. Anche perché il leader leghista non sembra affatto intenzionato a fare marcia indietro, anzi. Dal palco di una festa del partito a Pinzolo, sulle dolomiti trentine, Salvini rintuzza anziché smorzare: «Attaccati al tram non è un insulto», dice ripetendo la frase incriminata che ha fatto scattare, alla fine di una settimana di punzecchiature continue, la convocazione dell'ambasciatrice.

È Macron che è troppo «permaloso», è il pensiero del vicepremier, che continua a scherzare sull'argomento durante tutto il suo intervento sul palco. «Potrei chiedere asilo politico in Francia», dice a proposito del processo Open Arms, che tanto lì Macron «me vol ben» (con un'altra espressione in dialetto milanese). Poi ricorda che a Pontida tra gli invitati ci sarà Jordan Bardella, un altro che «so non essere molto simpatico a Macron».

Ed ecco l'ennesimo attacco all'inquilino dell'Eliseo che »nei sondaggi è sgradito all'80% dei francesi» e l'auspicio che con le prossime elezioni «anche i francesi scelgano il cambiamento così non avremo problemi coi vicini». «Intemerate» che «mettono in difficoltà il governo» e «imbarazzano» l'Italia, va giù duro la segretaria del Pd Elly Schlein, invitando il vicepremier a occuparsi piuttosto «dei treni» e dei loro oramai «cronici ritardi». Parole che fanno infuriare la Lega che respinge al mittente le accuse. È il Pd a essere non solo «anti-italiano» ma pure «guerrafondaio» e «servile con Parigi».

In serata Salvini ha poi provato a frenare: «Se vogliamo parlare di pace, Macron può chiamarmi anche a mezzanotte, sono disponibile», ha detto in collegamento con Rete 4 nel programma "4 di sera weekend", in onda su Rete 4. Alla domanda sui rapporti con la Francia dopo le sue ultime dichiarazioni, Salvini ha risposto: «Penso di essere stato qui garbato e sereno, ma sono assolutamente inflessibile sul no a inviare un solo soldato italiano o francese che sia, a combattere o morire in Russia o in Ucraina. Penso che la politica preveda il dissenso».

«Se Macron precisasse che non ha nessuna intenzione di armare un esercito europeo, il problema si chiude qua. Io ho tanti cantieri aperti sul confine Italia-Francia e sto lavorando bene con il mio collega francese che non ho nessuna voglia di litigare con la Francia». E ha concluso facendo notare che Macron «è più importante di me, lui è un presidente della Repubblica, io un semplice ministro».