Dopo i sì a Giani e Ricci, l’intesa Pd–M5s corre anche in Campania e Calabria. Ma resta il nodo De Luca, che chiede per il figlio la segreteria regionale del Pd
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A dispetto delle scaramucce di propaganda, utili a salvare la faccia davanti alle rispettive tifoserie, l’accordo tra Elly Schlein e Giuseppe Conte è fatto. Pd e M5s correranno insieme in tutte le Regioni al voto d’autunno. L’abbraccio che fino a ieri sembrava impossibile, oggi diventa il nuovo dogma progressista: campo largo sì, ma solo per le regionali, ché a Roma è ancora tempo di coltelli.
Dopo Toscana e Marche, dove Conte – alzando il ditino e recitando la parte del professore inflessibile – ha fatto sudare alla segretaria dem il via libera per i ricandidati Giani e Ricci, ecco che l’intesa si allarga. Calabria e Campania sono servite. Nella terra di Occhiuto, il candidato lo potrebbero scegliere i grillini: Pasquale Tridico, l’ex presidente dell’Inps, volto del reddito di cittadinanza. I dem, consapevoli che lì non ci sono speranze di vittoria, avrebbero ceduto con un sorriso di circostanza. Tanto vale mandare l’uomo simbolo del Rdc a schiantarsi, così ci si leva il pensiero. Lui, intanto, se la gode da europarlamentare a Bruxelles: vedremo se accetterà il ruolo di kamikaze per una causa persa.
In Campania, invece, la faccenda è ben più complicata. Qui Conte cala il suo asso: Roberto Fico. Ma Vincenzo De Luca non ha nessuna intenzione di farsi mettere all’angolo. Lo “Sceriffo di Salerno” ha presentato il conto: la segreteria regionale del Pd deve andare al figlio Piero. Una richiesta che suona come una provocazione, visto che fu proprio Elly, al suo arrivo al Nazareno, a commissariare il partito campano e a silurare Piero dalla vicepresidenza del gruppo Pd alla Camera. Ma De Luca non arretra: ha già incassato la presidenza dell’assemblea regionale e un assessorato pesante per i suoi fedelissimi, e ora vuole anche l’ennesimo sigillo dinastico.
Schlein, descritta nei corridoi come furibonda ma impotente, sa bene che la partita è truccata. Non a caso, il governatore ha dato dimostrazione della sua forza col colpo di mano sul Teatro San Carlo: il voto del suo uomo Realfonzo, in tandem con i rappresentanti del ministero della Cultura, per nominare sovrintendente Fulvio Macciardi, è stato letto come un avvertimento diretto a Elly. Se provi a fare la furbetta, ti ritrovi il terreno sotto i piedi che si apre in mille botole.
E poi c’è la Puglia. Qui il duello non è politico, ma personale. Antonio Decaro, ex sindaco di Bari ed europarlamentare con mezzo milione di preferenze, pur di non avere Michele Emiliano tra i piedi è disposto a rimettere in discussione la sua candidatura. Emiliano, che non vuole mollare la scena e sogna di piazzarsi in consiglio regionale, è diventato l’incubo di Decaro. Colpa di un comizio del marzo 2024, quando il governatore raccontò di aver accompagnato l’allora giovane assessore a casa della sorella del boss Antonio Capriati, per “garantirgli protezione”. Una versione subito smentita da Decaro e dalla stessa donna, ma l’ombra di quell’episodio ha segnato la rottura definitiva. Per Decaro, un tradimento imperdonabile.
Ora il braccio di ferro si ripete: Emiliano insiste per esserci, Decaro lo vuole fuori. E Schlein, priva di artigli, si è rivolta a Conte chiedendo di fermarlo. Risposta: niet. «Sono in debito con lui», ha tagliato corto l’ex Avvocato del Popolo, ricordando come fu Emiliano a portare i 5 Stelle per la prima volta nella giunta regionale pugliese. Tradotto: ognuno si tiene i suoi scheletri, e il campo largo diventa il cimitero delle ambizioni.
Il quadro, a questo punto, è chiaro: l’alleanza c’è, ma è costruita su fondamenta fragilissime. Un matrimonio di convenienza più che un progetto politico, con i leader impegnati a sopravvivere alle faide interne. Schlein vuole mostrarsi determinata, ma ogni volta inciampa nei veti incrociati. Conte gongola: in Calabria ha il suo candidato bandiera, in Campania punta su Fico, in Puglia può fare il grillo parlante senza rischiare troppo. Ma il prezzo da pagare è altissimo: un partito democratico costretto a subire, barattando dignità politica in cambio di un fragile “volemose bene”.
Intanto De Luca padre gioca a Risiko, Emiliano si prepara al rientro in scena e Decaro si agita per difendere il suo spazio. Sullo sfondo, i dem commissariati e un Movimento 5 Stelle che finge di volere solo “unità” ma in realtà aspetta il momento giusto per incassare. Campolargo, sì: ma sembra più un campo minato.