La Calabria non ha bisogno di effetti speciali. Ha bisogno di visione. Di strategie pensate, non impacchettate. Di progetti scritti da chi conosce il territorio, non solo per averlo letto in un articolo o per averlo attraversato una settimana d’estate, ma per averlo vissuto giorno dopo giorno, tra difficoltà, potenzialità e sfide quotidiane.

Troppo spesso vediamo affidare la comunicazione e l’immagine della nostra terra a chi viene da fuori, portando con sé formule standard, linguaggi replicati, stili che funzionano altrove, ma che qui suonano fuori contesto. Non è questione di chiusura, ma di coerenza. Comunicare la Calabria, e non parlo di regione e/o istituzioni ma di privati, di aziende calabresi che potrebbero cambiare la narrazione di questo territorio e delle proprie realtà, richiede una competenza radicata, non una suggestione turistica.

E sì, capita anche che a gestire certi progetti siano realtà locali che non hanno una vera storia nella comunicazione: esperienze nate attorno a un palco, una sagra, una festa di piazza, che non bastano però a costruire percorsi complessi, con obiettivi chiari, metodi, analisi e risultati misurabili.

Ma accanto a tutto questo, c’è un’altra Calabria. Quella fatta da professionisti preparati, progettisti competenti, agenzie capaci di agire con rigore e creatività. Persone che operano dentro e fuori regione, che hanno dimostrato il proprio valore con fatti, numeri, casi di studio. Gente che non fa fumo, ma costruisce fondamenta. Troppo tempo, abbiamo guardato alla comunicazione con gli occhi dell’apparenza, invece che con quelli della sostanza. La credibilità non nasce dal codice postale dell’agenzia, ma dalla sua storia, dai risultati, dai progetti seguiti con serietà e visione.

Poi arriva il “personaggio” ben vestito, dizione perfetta e parole ad effetto. E noi lo ascoltiamo con ammirazione. Non per i contenuti, spesso vaghi e replicati, ma perché ci affascina ciò che viene da fuori. Lo stesso vale per la musica popolare, per la tradizione, per le radici: invece di farne uno strumento di distinzione e riconoscibilità, tendiamo a nasconderle, a smussarle, nel tentativo maldestro di “apparire” come ciò che non siamo. Spesso come una finta Milano, dimenticando che la forza di un territorio sta in ciò che ha di irripetibile, non in ciò che può copiare.

Basterebbe guardare cosa è successo in Puglia. Lì non hanno rincorso modelli esterni, non hanno cercato dizioni perfette o personaggi affascinanti venuti da chissà dove. Hanno costruito il loro racconto valorizzando ciò che erano già: la pizzica, il dialetto, la campagna, il mare d’inverno, la luce bianca delle pietre, le cucine delle nonne, i silenzi delle masserie.
Un’operazione identitaria, strategica e culturale.
Oggi è caso di studio in molte università che si occupano di marketing territoriale.
E non si chiama “Puglia da bere”, ma “La Puglia è uno stato d’animo”.

La Calabria non ha bisogno di effetti speciali. Ha bisogno di verità.
Di una comunicazione che sappia partire dalle sue radici per generare futuro.
Di agenzie e professionisti che conoscano i codici del marketing, sì, ma anche le sfumature di questa terra: i silenzi, le strettoie, le comunità, le ferite, la bellezza grezza e autentica.

È tempo di scegliere. Di capire che rincorrere ciò che non siamo ci fa solo perdere altro tempo. Che non serve apparire Milano. Serve essere Calabria.
E dirlo con fierezza.

Perché chi comunica bene la propria identità, non ha bisogno di travestirsi da nessun altro.
Ha già tutto per essere riconoscibile. E, soprattutto, credibile.

Alle aziende calabresi quindi consiglio di farsi raccontare da chi conosce veramente il territorio e conosce bene la materia. La Calabria ha eccellenti professionisti che aspettano solo di essere ascoltati e riconosciuti.

Buona comunicazione a tutti.