L’obesità è una malattia. L’Italia lo scrive nero su bianco e, se il Senato confermerà il voto, sarà il primo Paese al mondo a farlo con una legge. Il riconoscimento non è solo formale: comporta conseguenze sanitarie, economiche, culturali. Perché da disturbo spesso trattato con superficialità o pregiudizio, l’obesità viene finalmente letta per quello che è: una patologia cronica, progressiva e recidivante, con impatti sulla salute individuale e collettiva, e costi sociali enormi. E perché, come ha ricordato il promotore della proposta Roberto Pella, «dietro ogni persona obesa non c’è pigrizia o indolenza, ma spesso una storia di dolore, fragilità e marginalizzazione».

Approvata la proposta di legge

Con 155 voti favorevoli, 103 astenuti e nessun voto contrario, la Camera dei Deputati ha approvato il testo della proposta di legge “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità”, presentata proprio da Pella per Forza Italia. Ora il provvedimento passa all’esame di Palazzo Madama, ma il passo compiuto a Montecitorio è già storico. Nessun altro Paese ha finora codificato in modo così sistematico il trattamento pubblico dell’obesità come patologia: né gli Stati Uniti, dove il problema ha proporzioni epidemiche, né i partner europei, dove pure il dibattito è aperto da anni.

Il testo si articola in sei articoli e definisce un approccio integrato che va dalla prevenzione alla cura, fino alla sensibilizzazione culturale. Il punto di partenza è chiaro: l’articolo 1 qualifica l’obesità come una malattia a tutti gli effetti, impegnando lo Stato alla tutela della salute delle persone che ne sono affette. L’articolo 2 stabilisce l’inclusione delle prestazioni legate alla diagnosi e alla cura dell’obesità nei livelli essenziali di assistenza (Lea), rendendole così accessibili tramite il Servizio Sanitario Nazionale.

Centrale anche il tema delle risorse. L’articolo 3 autorizza uno stanziamento di 700 mila euro nel 2025, 800 mila euro nel 2026 e 1,2 milioni annui a partire dal 2027, mentre l’articolo 4 istituisce presso il Ministero della Salute un Osservatorio nazionale sull’obesità, con funzioni di monitoraggio, studio e promozione di buone pratiche. L’articolo 5 prevede campagne di informazione pubblica, con un fondo dedicato di 100mila euro annui, e l’articolo 6 stabilisce la copertura finanziaria della norma attraverso il fondo previsto nella Legge di Bilancio 2025.

A queste cifre si sommano i fondi già previsti a dicembre con un emendamento di Forza Italia: un milione di euro all’anno per il triennio 2025-2027, a cui si aggiungono 200mila euro nel 2025, 300mila nel 2026 e 700mila nel 2027. Una base economica ancora limitata, certo, ma significativa come segnale politico e culturale.

I numeri

Secondo l’ultimo report dell’Istat e dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 12% della popolazione adulta è obesa: circa sei milioni di persone. A questo si aggiunge un 40% in sovrappeso, dati che collocano il nostro Paese perfettamente in linea con la media europea. Ma è tra i bambini che la situazione si fa più preoccupante: un minore su tre è in eccesso ponderale, spesso già in età prescolare. Una tendenza che aumenta con il calo delle attività motorie, l’abuso di cibi ultra-processati e le diseguaglianze sociali.

L’obesità non è solo un fattore estetico o di stile di vita. È una porta d’ingresso verso decine di altre malattie, tra cui il diabete di tipo 2, le patologie cardiovascolari, alcune forme tumorali. Aumenta la mortalità, riduce l’aspettativa di vita, mina la qualità dell’esistenza e incide pesantemente sulla spesa sanitaria pubblica, per un totale stimato in quasi 9 miliardi di euro l’anno, tra costi diretti e indiretti.

Roberto Pella ha parlato in Aula con emozione: «È una battaglia che porto avanti dal 2019, con il sostegno mai venuto meno del presidente Silvio Berlusconi, al quale dedico questo risultato. Questa legge è anche un modo per cambiare lo sguardo collettivo: contrastare lo stigma, ridurre il bullismo, soprattutto tra i più giovani, e costruire un’alleanza tra cittadini, istituzioni e medicina».

La legge prevede infatti azioni capillari sul territorio, in collaborazione con Comuni, Regioni e reti sportive, per promuovere corretti stili alimentari, attività fisica e una cultura della salute che sappia affrontare la questione dell’obesità non con colpevolizzazione, ma con competenza e umanità.

Se il Senato confermerà l’impianto, l’Italia sarà il primo Paese a dotarsi di una legge organica e sistemica sull’obesità. Non esistono, ad oggi, provvedimenti simili negli Stati Uniti, dove il tema è affidato a singole linee guida o ai piani delle assicurazioni sanitarie, né in Francia, Germania o Regno Unito. La legge italiana potrebbe quindi diventare un precedente normativo internazionale, capace di ispirare future politiche pubbliche anche a livello europeo.

Lo ha sottolineato lo stesso Pella, parlando della possibilità di una leadership italiana nel dibattito continentale: «Sarebbe bello che Roma diventasse il punto di partenza per una strategia comune europea contro l’obesità, riconoscendola come emergenza non solo sanitaria, ma anche sociale ed economica».

In un’epoca segnata da dibattiti accesi sui diritti, le diseguaglianze e l’accesso alle cure, questa legge segna un punto di svolta importante. Perché affrontare l’obesità come malattia significa togliere peso al giudizio e restituirlo alla responsabilità pubblica. Significa dire che non è accettabile lasciare milioni di persone sole a combattere con una condizione che la scienza riconosce come multifattoriale, spesso ereditaria, e sempre più legata a dinamiche ambientali e culturali.

L’Italia, che fu tra i primi Paesi al mondo a inserire il diritto alla salute nella sua Costituzione, oggi prova a tradurre quel principio in un gesto concreto. In attesa del voto del Senato, questa legge non è solo una norma sanitaria, ma un manifesto politico e umano: nessuno deve più sentirsi in colpa per essere malato.