Il caso

Ospedale di Mormanno, ristrutturato con 2 milioni di euro dopo il terremoto del 2012 e mai riaperto

VIDEO | Convertito in casa della salute nel 2010, il Minervini oggi è una struttura in buone condizioni ma deserta. In arrivo ci sono anche i fondi del Pnrr previsti nel piano regionale del commissario Occhiuto. Il sindaco Pappaterra: «Noi siamo pronti, restringiamo i tempi». E sulla carenza di medici dice: «Mandateci specializzandi»

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di Mariassunta Veneziano
27 ottobre 2022
15:29

Una ristrutturazione partita all’indomani del terremoto del 26 ottobre 2012 con un finanziamento pubblico di 2 milioni di euro, altri 4 milioni di euro in arrivo grazie ai fondi del Pnrr e strumentazioni nuove pronte a essere utilizzate. Eppure, all’ospedale di Mormanno non si muove una foglia. A poco serve aver rimesso a nuovo le corsie se poi sono deserte. Quello che manca è, infatti, il personale.

Un declino, quello del “Minervini”, iniziato nel 2010 con il decreto firmato dall’allora presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti che disponeva la riconversione di 18 presidi sanitari, di fatto avviando l’agonia del diritto alla salute in molti territori.


La spoliazione della medicina territoriale

L’ospedale di Mormanno diventò casa della salute. «Questo era l’unico presidio che creava mobilità attiva – afferma il sindaco Paolo Pappaterra – perché anche grazie alla sua posizione di confine serviva un’utenza che proveniva dalle regioni vicine. Ci era rimasta la riabilitazione intensiva, eravamo un centro di eccellenza, ma poi ce l’hanno tolta e data a Castrovillari, dove però è rimasta ferma per mancanza di medici. Alla fine è finita alla sanità privata».

Eppure, sottolinea il primo cittadino, «qui la medicina territoriale serve, anche perché i piccoli paesi tendono a spopolarsi e restano solo gli anziani, che hanno difficoltà a raggiungere gli spoke».

Crocevia di autorità dopo il terremoto del 2012

Dieci anni fa, quando una scossa di terremoto di magnitudo 5 fece tremare il paese nel cuore della notte, il “Minervini” divenne crocevia di autorità e personale in divisa impegnato nei soccorsi. Qui si fermarono l’allora capo del dipartimento della Protezione civile nazionale Paolo Gabrielli, il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, rappresentanti istituzionali e forze dell’ordine, corpi civili e volontari. Tutti sfilarono nel piazzale che fino a poche ore prima era stato pieno di letti e sedie a rotelle: avvolti nelle coperte c’erano i pazienti ricoverati nella struttura e portati fuori, con la forza della disperazione, dal personale in servizio per poi essere smistati nei presidi sanitari del territorio.

Soldi pubblici improduttivi

Dieci anni dopo, l’ospedale di Mormanno è un gigante solitario, immobile e silenzioso sulla strada che porta al paese. Una ferita che si aggiunge a quella aperta dal sisma del 2012 e mai rimarginata. Il finanziamento di 2 milioni di euro si aggiunse agli 11 milioni arrivati dallo Stato per la messa in sicurezza degli edifici. «Fu una sorta di indennizzo al dolore – dice il sindaco – che assieme ai Comuni di Laino Borgo e Laino Castello si decise di investire nell’ospedale».

Inutilmente, però, almeno finora. Qualche spiraglio si è aperto negli ultimi mesi, quando il commissario alla Sanità Roberto Occhiuto ha annunciato il suo piano per finanziare attraverso il Pnrr 57 case della comunità15 ospedali di comunità e 19 centrali operative territoriali. Tra quegli ospedali e case di comunità c’è proprio il “Minervini”, destinatario di altri 4 milioni di euro di soldi pubblici. «Soldi – spiega Pappaterra – che ci permetteranno di ammodernare anche l’altra ala».

Corsie vuote

Solo che ammodernare non basta. Il contenitore è niente senza il contenuto. «I soldi pubblici non possono restare improduttivi – sottolinea il primo cittadino –. Qui abbiamo anche strumentazioni all’avanguardia, ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di mettere a frutto tutto questo».

Tutto o quasi sarebbe pronto, insomma, per rimettere in moto la macchina dell’assistenza sanitaria nell’estremo nord calabrese. «C’è un atto aziendale che va solo trasferito sul campo, ma siamo bloccati. Siamo consapevoli della carenza di personale su tutto il territorio, ma a noi basterebbero una decina di infermieri e degli specializzandi per fare di questa struttura il primo ospedale di comunità della Calabria», incalza il primo cittadino.

Di qui la richiesta a Occhiuto, con il quale l’amministrazione ha già avuto un’interlocuzione: «Restringiamo i tempi». A volte, dice Pappaterra, «certe cose non si fanno con la giustificazione che “si crea il precedente”, ma non è questo il modo in cui la politica deve ragionare e io non posso arrendermi a questo. Dico invece di ribaltare il ragionamento: partiamo da Mormanno, perché noi siamo pronti».

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